Camilla Baresani

Sommario

ELSA PERETTI

- IO Donna - Corriere della Sera - Interviste

Fagioli, ossa, lacrime, stelle marine, àncore, profili di cuori, serpenti a sonagli e scorpioni. Elsa Peretti è la donna che ha introdotto nell’immaginario del lusso lo chic delle forme semplici, naturali, primitive. “Amo la natura, ma cerco di cambiarla un po’, non di copiarla” ha detto. E infatti, per Tiffany, di cui è stata designer dal 1974 sino a pochi anni fa, ha plasmato l’essenza di questi oggetti tramite argento, legno, lacca, seta, vetro, bamboo, oltre ai più scontati oro e pietre preziose, usati da tutti i creatori di gioielli. Da allora, l’hanno imitata in molti, ma Elsa Peretti detiene oltre al primato un tocco personale immediatamente riconoscibile e, di fatto, irripetibile. “Lo stile è nella semplicità” è un suo slogan, e non sono solo parole. Magari non lo sapete, ma tanti gioielli che vi sono piaciuti e avete desiderato sono sue creazioni: i cuori appesi (“Open hearts”), le collane e cinture a forma di serpente, i bracciali che seguono l’anatomia del polso (“Bone”), le catene sottilissime con piccoli diamanti incastonati in ordine sparso (“Diamonds by the yard”), la maglia d’oro annodata al collo, i ciondoli a stella marina. Quando, quattro anni, fa Elsa Peretti ha firmato un sontuoso contratto di rinnovo della collaborazione con Tiffany (ha smesso di disegnare, ma controlla la qualità della produzione dei suoi gioielli), la collezione contribuiva per il 10 per cento al fatturato del colosso della gioielleria: e considerate che gran parte dei suoi oggetti sono fatti di materiali non costosissimi, resi nobili dal design e dalla leggerezza ma non dalla rarità. Questa donna dalle intuizioni uniche e di successo ha una storia singolare. Nasce a Firenze, negli anni Quaranta. Suo padre, Nando Peretti è il fondatore della API. “Un self made man” – come precisa Elsa -, da lei adorato. Attorno ai vent’anni la ritroviamo maestra di sci a Gstaad, e per diventarlo avrà slalomato così tanto che più tardi, divenuta modella fotografata da Avedon e da Newton, e soprattutto designer, deve aver applicato quel senso di carezza degli sci sulla neve al mondo dei gioielli. Infatti, la caratteristica principale di tutto quello che ha disegnato, accessori e oggetti per la casa (splendide le posate Padova), ha la caratteristica di essere slalomabile con le dita, accarezzabile, di dare un piacere tattile. “È facile fare gioielli con grosse pietre preziose, io invece sono interessata alla meccanica e alla superficie: ogni oggetto deve essere comodo e attraente”. Non per niente nel 2009 il British Museum di Londra ha acquisito 30 creazioni di Elsa Peretti per la collezione permanente di oggetti artistici del XX secolo.

Ma torniamo alla vita di questa donna sofisticata, dominante e spiritosa che incontro nella sua casa di Roma. È di passaggio, perché dalla fine degli anni Sessanta ha scelto Barcellona come dimora principale, nonostante gran parte della sua carriera di designer si sia svolta a New York, dove ha fatto parte del jet set della metropoli, ed è stata amica e musa di stilisti e fotografi: “Però, a New York non ci vado più. C’è un’enorme concentrazione di energia e stress, e io invece preferisco l’amicizia”. Accompagna la conversazione agitando mani dall’ossatura invidiabile, perfette per indossare i suoi gioielli: “Le cose più belle le ho disegnate pensando a me”. Siamo in un attico affacciato su villa Borghese, progettato nel celebre stile scenografico dell’architetto Mongiardino, che contrasta con la semplicità no-gender di Elsa: i capelli corti, i vestiti basic – camicia jeans e pantaloni di cotone da lavoro -, unica civetteria i suoi orecchini “Tears”, cioè lacrime: “Se le lacrime le hai al collo o alle orecchie non le hai negli occhi”. È una donna da un gioiello per volta, inimmaginabile come portatrice di accumuli decorativi. Si entusiasma parlando della sua “Nando and Elsa Peretti Foundation”, che in 16 anni di attività ha finanziato con 42 milioni di euro ben 852 progetti: dal sostegno alla lotta alla povertà nel mondo, alla conservazione del pianeta e alla ricerca medica, oltre che a diversi progetti culturali. Tutto con denaro proprio. Dopo tante gratificazioni legate alla creatività e al lusso, è arrivato per lei il momento di appassionarsi alle condizioni di chi sicuramente non può comprare un cuore d’argento da appendere al collo e di dedicarsi alla salvaguardia di quella natura che ne ha tanto ispirato la creatività.

Tornando al design dei gioielli, le chiedo quale pensa sia stata la sua più grande innovazione: “Ho introdotto nel mondo dei gioielli l’argento, che è magico. Tra l’altro, i ladri, che non sono intelligenti, non lo capiscono. Sono entrati in questa casa e hanno portato via tutto. Ma l’argento no!”.