Camilla Baresani

Sommario

CRISTINA BOWERMAN – Una giornata con la chef di Glass e Romeo

- Sette - Corriere della Sera - Interviste

Partiamo dal numero di ore dormite: quattro e mezza al giorno, ogni giorno. Questo per dire che, certo, potenzialmente tutti possiamo farcela, ma non tutti abbiamo il rigore e l’energia fisica e mentale di Cristina Bowerman. A 46 anni, Cristina ha un compagno, un figlio di 5 anni, due cucine di ristorante, una stella Michelin, e una serie di titoli di studio che le sono serviti per vincere sfide con se stessa più che per svolgere il suo attuale lavoro.

Per chi non la conoscesse, è un vanto nazionale, la donna dei due mondi, una “case history” da raccontare. Ma prima di (in)seguirla in una sua giornata-tipo, riassumiamo il percorso che l’ha portata dove la troviamo oggi.

Nasce a Cerignola, provincia della provincia (di fatto, il nostro Midwest), studia al linguistico a Bari, si laurea in Giurisprudenza (“Un ripiego momentaneo”), lavora in uno studio legale per un paio d’anni, poi decide di fare un viaggio da sola attraverso gli Stati Uniti. Il terzo giorno, da New York, chiama la madre e le dice: “Mi trasferisco qui”. Finita la vacanza, vende tutto quello che possiede e riparte per gli USA. Tornerà in Italia solo cinque anni più tardi. Si stabilisce a San Francisco, si iscrive a un corso universitario di legge e fa la cameriera in un famoso ristorante: “L’America diventa per me una specie di droga, capisco che a Bari non si sapeva niente del mondo. Decido di saperne di più, e vivere come un’americana, parlare il loro slang, avere il loro accento”. Diventa menu production manager di una catena di 16 ristoranti californiani. Si appassiona al design, alla grafica, al marketing, li studia in corsi universitari, si sposa con un americano (il signor Bowerman, da cui divorzierà mantenendo il cognome, per mimetizzarsi meglio). Non basta: si trasferisce ad Austin, Texas, “la città più hippy e all’avanguardia dell’America”. Fa la grafica, compra casa coi soldi che ha guadagnato, divorzia, e a un certo punto decide di cambiare vita e iscriversi nella neo-università locale di Cordon Bleu, dove in due anni si laurea col massimo dei voti, lavorando di notte da Starbucks. Per non chiedere soldi ai genitori si trasferisce in una stanzetta e affitta la sua casa. Avete il mal di testa? Tenetevelo, non è finita.

A questo punto la nostra eroina ha 32 anni. “Mi dò dieci anni per sfondare”, si ripromette. E quindi fa la gavetta nella cucina di un ristorante “5 diamonds” e decide di aprire un suo locale ad Austin. Ma prima torna in Italia per uno stage in un ristorante. Nuove peripezie, finché il 9 gennaio 2006 inizia l’avventura di Glass Hostaria, a Trastevere.

Niente più America: Cristina ha deciso per una sfida diversa. Si tratta di risollevare le sorti di un locale con una bella posizione, un design innovativo, ma privo di “un’identità di cibo”. Detto, fatto… Con lei Glass conquista nel 2010 una stella Michelin. Non basta. Diventa socia di Fabio Spada nella gestione del ristorante, con lui si fidanza e decidono di avere un figlio (“Ho visto in Fabio un padre perfetto”). Non basta ancora: con i fratelli Roscioli, lei e Fabio hanno aperto da pochi mesi Romeo, un innovativo ristorante-caffè-negozio nel quartiere Prati.

Sarete curiosi di capire come sia organizzata la giornata di una simile persona, una che “per me è importante avere dei goal, sempre”, una che comunque continua a sognare l’America al punto che al piccolo Luca parla solo in inglese.

Cristina abita a Trastevere, accanto a Glass, che è aperto solo per cena; l’altro locale, come abbiamo detto, è nel quartiere Prati.

8,15. Sveglia per fare colazione con Luca. È un impegno che rispetta sempre, per principio. In realtà Cristina ha aperto gli occhi mezz’ora prima per prendere un gastroprotettore che le consenta di bere il caffè. “Mi alzo e parto subito a mille”, dice. Fabio si alza alle 9 e porta Luca all’asilo. Quando hanno deciso di avere un figlio, lei gli ha detto: “Sappi che non ho pazienza”. E lui: “Non ti preoccupare, interverrò io”. La conseguenza è una collaborazione molto stretta nello stabilire una routine che dia certezze al bambino.

9,5. In pigiama, Cristina si dedica alla parte burocratica della giornata. Glass Hostaria ha 15 dipendenti, Romeo 39. Telefonate, posta, conti, inventari. In questi giorni si sta dedicando al controllo-costi dei detersivi. Ci sono sprechi?

10,30. Ogni giorno si applica allo studio di un argomento. Oggi è la scienza della fermentazione. “Il mio non è un lavoro, è una passione”, precisa. “Per me lo studio è fondamentale e mi ha dato modo di dimostrare che posso fare la chef come un uomo.”

11,15. Si veste e va, a piedi, da Romeo. Ci mette meno di mezz’ora. Questa passeggiata, che sfiora il Vaticano, è la sua ginnastica e le permette di scoprire vicoli e bellezze di Roma, che prima non conosceva. Da Romeo trova la brigata, che inizia verso le 8,30. Se manca qualcosa, prima di arrivare lo procura. “Se chiedi a un ristoratore quale sia il suo peggior incubo, ti risponde ‘non hanno consegnato’ oppure ‘manca qualcosa’ “.

11,45. Entra in cucina e controlla tutte le linee (antipasti, primi, ecc). Alcuni piatti si preparano un giorno sì uno no, la gran parte ogni giorno. Cristina ha il reflusso gastrico “perché passo dal dolce al salato in continuazione. Assaggio crème caramel e crema di ricci, gelatina di cassis e palla di patate al tartufo, zabaione e crumble di gorgonzola. A un certo punto ho in bocca un caos incredibile”. Per tutto il tempo del pranzo, Cristina lavora in cucina, aiutando la partita che ne ha bisogno, e di tanto in tanto esce in sala per parlare con i clienti. Non mangia, non si siede, vive di assaggi e caffè d’orzo. “Per me andare a cena fuori è un lusso inaudito”. La struttura gerarchica in cucina è molto forte. In caso di battibecchi, Cristina li seda. Ogni volta si dice: “Posso continuare a essere incavolata o posso dimenticare questo episodio al quale sicuramente c’è rimedio”. Cerca il rimedio.

15. In cucina ci si dedica a una pausa di studio, provando nuovi piatti. Oggi Cristina e il suo sous chef Claudio Colarusso provano una sfera di baccalà con cuore di vaniglia dipinto con nero di seppia. Un nuovo piatto può arrivare a “funzionare” dopo poche settimane o dopo mesi. Si passa poi a organizzare il ciclo di produzione in cucina e a impostare gli ordini.

17. Cristina torna a piedi a Trastevere e va da Glass. La brigata è arrivata alle 12. Assaggia tutte le linee, controlla la merce arrivata. L’agnello, per esempio, potrebbe essere in pezzi più grandi del consueto, e necessitare di un tempo di cottura diverso. La brigata di Glass, capitanata da Tim Lane, è molto affiatata.

18. Si torna a casa, da Luca. Un po’ di gioco, magari anche un po’ di cucina. Gli sta insegnando a fare dei dolcetti. Se riesce, legge e studia ancora un po’.

19,45. Fabio (che pure ha passato la giornata tra Romeo e Glass), arriva a casa e cena con Luca. “Papà, chiama il ristorante e vedi se è successo qualcosa, perché se va tutto bene mamma può restare”, dice il bambino. “Mamma, stasera non puoi rimanere con me? Ti leggo un libro!” insiste. Divorata dal senso di colpa, Cristina si prepara a uscire.

20. Da Glass, la brigata le fa provare le entrée; Cristina parla con i ragazzi, controlla che l’assemblaggio dei piatti funzioni. I clienti iniziano ad arrivare alle 20,30. Cristina rimane finché tutti i tavoli hanno terminato i secondi piatti.

22,30/23. Cristina e Fabio tornano da Romeo, dove la cucina chiude a mezzanotte. Verso l’una se ne vanno gli ultimi clienti.

1,30. Si controlla cosa c’è e cosa manca in entrambi i ristoranti. E’ l’ora degli ordini ai fornitori, spediti via mail e sms. La merce verrà consegnata poche ore dopo.

2/2,30. Cristina e Fabio, infine, tornano a casa e vanno a letto.

Ma i tuoi genitori, a Bari, sono felici del tuo successo? le chiedo. “Sì, c’è stato un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno che li ha resi davvero orgogliosi”.

 

DONNE E STELLE MICHELIN

Le donne sono state pilastri delle cucine di osterie e trattorie, in tempi in cui casa e attività combaciavano, e si abitava sopra il luogo di lavoro, dove oltretutto lavoravano due o tre generazioni della stessa famiglia. I bambini facevano i compiti sui tavoli della trattoria, e giocavano sul pavimento mentre la mamma cucinava. Ma l’alta cucina è un lavoro che richiede una professionalità diversa, fatta di regole, forme, orari, studio e ricerca, e di tanti viaggi per partecipare a congressi, manifestazioni… e trasmissioni televisive. Il che rende difficile conciliare famiglia e lavoro. Ecco perché il mondo dei ristoranti più quotati può sembrare una prerogativa maschile. In Italia, tuttavia, la situazione è diversa. Sui 307 ristoranti stellati presenti nell’edizione 2013 della Guida Michelin, ben 50 hanno unachef. Per la precisione: 45 con una stella, 2 con tre stelle, e 3 con due. Nel resto del mondo ci sono solo altre 62 chef stellate. Dunque quasi la metà delle chef con un riconoscimento così prestigioso è italiana. Ciò non toglie che, come riconosce Cristina Bowerman, ci sia ancora un ingiusto pregiudizio sulla capacità femminile di svolgere un lavoro così impegnativo, e oltretutto in maniera autonoma, non in quanto “moglie di”.