Quanti gradi di separazione possono esserci tra Curzio Malaparte e Han Kang? Voi direte: più di sei. Da una parte, l’egocentrico, eclettico, controverso ma indubbiamente dotatissimo scrittore italiano, morto nel ’57 e proprietario di una spettacolare villa appollaiata su uno scoglio proteso verso i faraglioni, a Capri. Dall’altra, la riservata, frugale, timida ma ferrea scrittrice sudcoreana, che l’anno scorso ha vinto il più ambito dei premi letterari internazionali, l’inglese Booker Prize, con il perturbante romanzo La vegetariana. Bene, il grado di separazione tra Malaparte e Kang è diventato uno. Non solo perché entrambi gli autori sono pubblicati in Italia da Adelphi, ma anche perché ad Han Kang è stato assegnato un altro prestigioso premio internazionale, il Malaparte edizione 2017, che le viene consegnato sabato 30 settembre, proprio a Capri. La giuria, presieduta da Raffaele La Capria ha scelto di premiare il suo Atti umani: un romanzo a più voci straordinariamente coinvolgente, intimo e universale. È un mosaico che ricostruisce un episodio di efferata violenza di Stato contro i contestatori del regime. Nel 1980, a Gwangju, città dove dieci anni prima era nata l’autrice, ci fu una carneficina voluta dalla giunta militare che all’epoca governava la Corea del Sud, con strascichi di anni di carcere, torture, depistaggi. Ancora oggi la conta dei morti è misteriosa: oscilla tra le 200 vittime riconosciute ufficialmente e i 2000 cittadini scomparsi nel nulla. Ospite dalla promotrice del Malaparte, Gabriella Buontempo, e di Ferrarelle, sponsor del premio, Han Kang è a Capri per qualche giorno. La incontro alla vigilia della premiazione: è minuta, vestita in modo semplice e completamente struccata, come una bambina. Sembra molto più giovane dei suoi quarantasei anni e parla quasi sottovoce. L’apparente timidezza, tuttavia, è solo la forma che riveste un carattere forte, dimostrato dall’estrema attenzione con cui la scrittrice calibra le parole; assomiglia alla sua scrittura, che provoca commozione senza usare il lessico strappalacrime del melodramma: precisa, laconica e a tratti drammaticamente cruda, soprattutto nella descrizioni di macabri dettagli corporei.
Il suo romanzo esplora il tema universale della crudeltà. Cosa la genera? C’è una cura?
Mi sono fatta queste domande sin dall’infanzia. Siamo sconvolti dalla violenza umana. A volte riusciamo a percepire il dolore fisico altrui in modo indiretto, magari leggendo. Penso che gli scrittori possano solo porre domande, senza fornire risposte. Tuttavia, credo che le domande di uno scrittore contengano in sé il germe delle risposte. Atti umani si chiede cosa sia un essere umano: a volte gli atti umani sono estremamente anti-umani, ma ci sono anche atti umani pieni di dignità che vi si oppongono. Come persona che crede nella dignità, penso che non dovremmo rinunciare a raccontare con accuratezza e in modo equilibrato sia l’umanità sia la disumanità.
Nella sua indagine narrativa, è riuscita a individuare un punto di rottura, quello in cui un essere umano diventa un mostro?
Il nostro spettro di comportamenti si estende dalla bassezza al sublime. Ero così devastata da tutte le dimostrazioni di atrocità umana – non solo il massacro di Gwangju ma anche quelli della Seconda Guerra Mondiale o della Bosnia – che ho quasi rinunciato a scrivere questo romanzo. Ma proprio in quel momento ho trovato il diario di un civile ucciso nella rivolta di Gwangju, una riga scritta in forma di preghiera: “Dio, perché devo essere cosciente mentre quest’uomo mi pesta e mi ferisce così brutalmente? Io voglio vivere”. Ho sentito che volevo essere con loro, con i morti. Non volevo distogliere lo sguardo o scappare. Così ho deciso di scrivere il romanzo, mettendo in luce non solo la violenza ma la dignità, il lato luminoso degli esseri umani.
Il suo paese vive sotto assedio, in stato di tensione perenne con la Corea del Nord. Pensa che un giorno le due Coree si riuniranno, com’è avvenuto per le due Germanie?
Sì, la riunificazione sarà la conclusione ideale. Spero che infine accada, un giorno.
Il successo internazionale dei suoi libri la porta a viaggiare. Vede molte differenze tra lo stile di vita europeo e quello asiatico?
Fondamentalmente condividiamo le cose più importanti. Sono una persona che cerca di trovare più somiglianze che differenze. Di fatto, credo in questo mondo che siamo tutti strettamente connessi.
Suo padre e suo fratello sono scrittori. Parla con loro dei suoi libri durante la stesura? Chi sono i suoi primi lettori?
No. Siamo tutti molto indipendenti. Non ho un primo lettore specifico. Dopo aver finito una parte del romanzo, lo mando all’editore, e questo è tutto.