Becky Sharp? E’ il simbolo di tutti gli outsider”. Così Julian Fellowes definisce l’eroina del Vanity fairromanzone ottocentesco di Thackeray nonché film di Mira Nair appena uscito sui nostri schermi. Fellowes, premio Oscar per la sceneggiatura originale di Gosford Park, autore del musical Mary Poppins in scena a Londra e interprete specializzato in ruoli da aristocratico, è anche scrittore. Suo il romanzo Snob, appena pubblicato in Italia, che descrive con precisione da trattato d’etologia il comportamento, i tic, i luoghi di ritrovo dell’aristocrazia britannica. Quasi una lettura propedeutica all’ondata di notizie su preparativi e arrabbiature, prime notti e prime litigate dei futuri sposi Carlo d’Inghilterra e Camilla Shand Parker Bowles.
La outsider di Vanity Fair è una ragazza scaltra e determinata che proviene dal nulla e riesce a diventare moglie di un baronetto. Personaggio che, trasportato ai nostri tempi, assomiglia alla Edith protagonista di Snob: una borghese che riesce a sposare il conte conosciuto mentre si trova “dalla parte sbagliata del cordone”, cioè visitando a pagamento il castello di proprietà della famiglia del futuro marito.
Tra la Becky di Vanity Fair e la Edith di Snob, chi assomiglia di più alla stagionata outsider Camilla?
Probabilmente Becky, vera professionista del social climbing che non cede e non si abbatte. Mentre Edith ha qualcosa di Diana.
Lei ha conosciuto Diana?
Sì, l’ho incontrata diverse volte. Ma non voglio fare come quelli che, su uno scambio di battute con qualche membro della famiglia reale a una festa di beneficenza, campano per anni in qualità di esperti e profondi conoscitori delle loro vicende private.
Però un’idea sulle responsabilità della fine del matrimonio di Carlo e Diana se la sarà fatta, no?
Quando ho preso l’Oscar mi sono trovato addosso un muro di telecamere. “Oddio, questo non è sano” ho pensato. Poi la mia fama è durata cinque minuti. Per Diana invece è stato così tutti i giorni. Recentemente sono andato a ritirare un premio con Nicole Kidman. Ho passato diverse ore con lei. E’ impressionante: vive sotto assedio. Anche se scappasse, passerebbero anni prima che si esaurisca l’ondata di follia divistica che la perseguita. La stessa cosa è capitata a Diana, che però non aveva la tempra della Kidman.
Camilla Shand sembrerebbe più resistente.
La conosco fin da piccolo, ero molto amico del fratello. Le nostre case di campagna erano vicine. Tutti molto simpatici. Ma non possiamo cambiare argomento?
Julian Fellowes si agita, finge d’essere infastidito da queste domande. In realtà ridacchia e sta al gioco. Si è cambiato per cena: è passato dal doppiopetto blu con bottoni d’oro e mocassini con calzino corto, a un completo gessato con scarpe stringate e calze lunghe. E’ molto formale, alla maniera degli inglesi: cioè con continue iniezioni di ironia un po’ stereotipata. E’ a dieta alcolica da sei mesi, e visibilmente ne soffre. Al mignolo porta la chevalière, l’anello con lo stemma di famiglia che vedo saettare tra il piatto di portata pieno di fette di salame e la sua bocca. Si serve con le mani, ignorando la forchetta.
Lei ha fatto fortuna descrivendo l’aristocrazia britannica. Non s’è stancato di castelli, tè e caccia alla volpe?
No, mi diverte molto raccontare gli inglesi: la nostra droga si chiama esclusività. Lasciate tre inglesi soli in una stanza ed escogiteranno il modo per impedire che un quarto si unisca a loro. In pratica il mio romanzo racconta i tentativi di chi vuole entrare e di chi cerca di impedirglielo.
Con descrizioni così realistiche, si sarà fatto dei nemici nel suo ambiente.
Io no: in quanto attore e cattolico – per gli inglesi è la religione di filippini, irlandesi e spagnoli – sono ritenuto un osservatore esterno. Ma mia moglie e la sua famiglia, che ho abbondantemente usato per la trama di Snob, hanno perso qualche amico.
Intanto la moglie quarantunenne di Fellowes mi mostra, sullo schermo del telefonino, le fotografie del loro castello nel Dorset, con relativi fiori e cani.
Ma fa ancora l’attore o si dedica solo alla scrittura?
Non voglio smettere di recitare. Ho fatto tanti film, ma in Inghilterra mi conoscono soprattutto per una serie televisiva molto popolare,Monarch of the Glen. Per cinque anni ho interpretato un grasso e tonto conservatore. Quando gli inglesi mi hanno visto alla serata degli Oscar non potevano credere che un simile sciocco avesse vinto una statuetta per Gosford Park.
Meglio scrivere romanzi o sceneggiature?
I romanzi, non c’è dubbio! Un libro è come un figlio, è roba tua, mentre una sceneggiatura è solo una porzione di un progetto più ampio.
Non si è divertito con Vanity Fair?
è uno dei miei romanzi preferiti. Ma è stato difficilissimo selezionare gli episodi da mettere nel film: è un libro troppo lungo, e troppo famoso.
Difficile anche selezionare gli argomenti di quest’intervista. Fellowes è inarrestabile, soprattutto quando parla di Tony Blair: “E’ capace solo di sorridere e dire che tutto va bene”.