Viaggiare nel mondo, ospiti solitari dei più lussuosi alberghi 5 stelle. Fingersi clienti ordinari, provare tutto ma proprio tutto quello che offre l’hotel (trattamenti estetici, campo da golf, ristorante per gourmet, servizio in camera), e preparare in segreto schede di valutazione, sfogando così due istinti molto diffusi: quello del bon vivant viaggiatore amante del lusso e quello del cliente insoddisfatto, con la valigia piena di “adesso gliela faccio vedere io”.
Viaggio sola ci racconta proprio questo, ci mostra cosa può succedere a un ispettore della catena dei Luxury Hotel: è la storia di Irene, cioè Margherita Buy, un’affascinante quarantenne romana, silenziosa e chic, che viaggia per il mondo alla ricerca della pantofola rimasta sotto il letto, della mancata cortesia di un cameriere, della polvere sopra la cornice di una porta. Nel cast c’è Stefano Accorsi che interpreta Andrea, l’amico del cuore ed ex fidanzato, anche lui alle prese con un lavoro di controllo-qualità, ma esercitato in modo stanziale: si occupa di ortofrutta biologica a chilometro zero. L’idea del film, originale e affascinante, è venuta alla regista Maria Sole Tognazzi, figlia di Ugo (sul quale nel 2010 ha girato il documentario Ritratto di mio padre) e di Franca Bettoja, la cui famiglia possiede alcuni alberghi a Roma.
Gli hotel fanno parte della vita di Maria Sole quasi quanto il cinema. Nel film li ha usati come espediente per mettere in scena la vita di una donna apparentemente molto invidiabile…
Sì, ho voluto raccontare il doppio sguardo (e la doppia vita) di Irene: da un lato ha un lavoro che la obbliga a fingere di essere una ricca signora. Dall’altro non è affatto ricca, guadagna 2500 euro al mese, e dunque è solo la spettatrice di una vita sfarzosa che non le appartiene. Inoltre il mestiere di “ospite misterioso” non è una vacanza. L’ispettore ha un questionario con decine di pagine di domande molto precise da compilare, deve scattare foto, scrivere una relazione. Deve alzare i copriletti, passare con un guanto bianco su tutte le superfici per controllare se ci sia polvere, annusare la biancheria, controllare che gli orologi della camera siano sincronizzati, vedere dopo quanti squilli gli addetti rispondono al telefono, controllare che lo guardino negli occhi e gli sorridano e lo facciano anche con tutti gli altri clienti… È un lavoro ed è anche una scelta di vita: difficile avere una famiglia, dei figli, quando si dorme a casa solo pochi giorni al mese. Infatti gli ispettori sono quasi tutti maschi. Irene sceglie di non fare quello che la società si aspetta da una donna.
Anche gli attori sono esperti di alberghi: vi passano, buona parte della propria esistenza, quando girano un film o sono in tournée. La solitudine e la lontananza da casa pesano?
Margherita Buy: Io trovo che si stia molto bene in albergo. Giù alla reception c’è un portiere, ci si sente protetti. Mi sento sola a casa, piuttosto.
Stefano Accorsi: In tournée la sera si cena insieme, si gioca a carte, oppure si va in camera a leggere il copione. È una vita che può essere meno difficile di quella con la famiglia. A me piace stare in albergo quando lavoro, e comunque da solo sto molto bene. E poi mi piace poter alzare il telefono e ordinare qualcosa in camera.
Ilaria e Andrea sono ex fidanzati ma anche “migliori amici”. Il loro rapporto è di grande intimità, confidenza, supporto. Capita anche a voi di avere relazioni simili?
MB: Mi è capitato di lavorare con il mio ex marito Sergio Rubini. Ma in genere no, non mi succede. Non che i miei ex mi odino. Magari li odio io. Non c’è mai stato un rapporto di amicizia prima e non può diventarlo dopo.
MST: Non ho amici tra le persone che ho amato, però mi piacerebbe molto. Non è una cosa che escludo. Solo, non è capitata.
SA: No, per me non sarebbe possibile. Non ho mai rapporti con le donne con cui sono stato.
A Berlino, in un albergo dove sta facendo un’ispezione, Irene incontra Kate, un’antropologa inglese che contesta il concetto di lusso dei grand hotel e le dice: “Il vero lusso è il piacere di una vita vera vissuta fino in fondo e piena di imperfezioni”. Voi cosa ne pensate? Si sta meglio negli alberghetti?
MB: Nei grandi alberghi è come a teatro, c’è il tentativo di nascondere i difetti e le cose che non funzionano. E alla lunga questa perfezione fittizia può dare fastidio. È bello potersi permettere di alternare, dal bed & breakfast al grand hotel.
MST: Penso che solo vedendo questi grandi alberghi come li vede Irene, ossia uno dopo l’altro, al punto di svegliarsi senza ricordare in quale città ci si trova, si possa provare un senso di mancanza di realtà. Comunque a me il lusso non dà fastidio, non penso che sia finto.
SA: Il lusso a 360 gradi è ingombrante, a volte si sente bisogno di una maggiore immediatezza. Anche per me il vero lusso è poter alternare.
E gli amori? Quali sono le conseguenze di un mestiere così solitario? Cosa capita (o non capita) viaggiando nei grandi alberghi? È meno fittizia la vita stanziale di Andrea o quella itinerante di Irene? Viaggio sola vi mostrerà una Margherita Buy né triste né vittima, che vive lo sradicamento come scelta di libertà e non come condizione subita. Il film sembra fatto apposta per avere una declinazione televisiva. Si vorrebbero, in forma seriale, ancora più avventure della nostra “ospite a sorpresa”. E già immaginiamo un talent show, con inflessibili giudici alle prese non con cuochi, non con cantanti, ma con aspiranti ispettori di lussi alberghieri.