Martina Stella ha una fisionomia dalle proporzioni perfette, e un viso che Pollaiolo o Botticelli avrebbero ritratto con perle intrecciate tra i capelli, per imprimere ulteriore luminosità alla tela. Sono nomi di pittori fatti non a caso, perché questa ragazza dell’Impruneta, tra Firenze e il Chianti, ha proprio i tratti della bellezza pittorica toscana, come ce l’ha tramandata la storia dell’arte. Spesso, nelle foto appare procace; dal vivo, con i jeans, il maglione e il mascara è sottile, minuta, semplicemente bella. La incontriamo perché è la protagonista di un cinepanettone, ossia di uno di quei film che escono nei pressi del Natale, con lo scopo di sbancare al botteghino facendo divertire le famiglie. Tuttavia, rispetto ai cinepanettoni a cui ci hanno abituato gli ultimi anni, sono tante le peculiarità di questo film. Niente parolacce, né rifugio nel pecoreccio: Natale a 5 Stelle, questo il titolo, è una commedia degli equivoci che ironizza con garbo su retroscena poco onorevoli occorsi a un gruppo di politici italiani, in gita a Budapest. Chi vuole, andrà a vedere il film al cinema, ma gli abbonati di Netflix potranno scegliere di non muoversi dal salotto di casa o guardarlo sullo smartphone, a partire dal 7 dicembre, data del rilascio. La produzione Netflix, inoltre, assicurerà la distribuzione del film in 190 Paesi.
Tra le particolarità di questo film, tratto da una commedia britannica andata in scena in mezzo mondo (Out of orderdi Ray Cooney), c’è anche la regia. Avrebbe dovuto essere un film dei fratelli Vanzina, nel senso di Enrico, sceneggiatore e in questo caso anche adattatore del testo originale, e Carlo, regista. Purtroppo, come saprete, Carlo è mancato pochi mesi fa, in luglio, ma prima di lasciarci ha indicato per la regia del film, che stava per andare in produzione, uno dei suoi migliori amici, Marco Risi.
Martina, hai girato tanti film con Carlo Vanzina, e per Natale 5 stelleti aveva scelto ancora una volta come protagonista femminile. Come è stato girare con Marco Risi, quali sono le differenze?
Con Carlo avevo un legame così particolare che ancora non sono riuscita a parlarne: è un dolore troppo recente. Abbiamo fatto insieme film e viaggi, e mi aveva generosamente accolto nella sua famiglia, tant’è vero che sono diventata molto amica delle figlie. È stato una figura di riferimento. Non mi ha mai fatto sentire insicura. Ha sempre creduto in me più di quanto ci credessi io, e in questo modo è riuscito a spronarmi. Ma devo dire che anche Marco Risi non è il genere di regista che cerca di spremere il meglio di un attore mettendolo in difficoltà: ci ha lasciato la possibilità di improvvisare e mettere mano ai personaggi. Inoltre, con noi sul set, c’era anche Enrico Vanzina, che così ho avuto modo di conoscere meglio.
Nel film interpreti l’esponente di un partito dell’opposizione, che sta per iniziare una storia clandestina con il capo del governo, Massimo Ghini. C’è chi potrebbe dire che Ghini è ritagliato sul premier Giuseppe Conte e tu su Maria Elena Boschi, che è bionda e bella e toscana come te, e per giunta è all’opposizione col PD.
Il film è soprattutto una commedia, con tantissimi colpi di scena. Con Richy MemphiseMassimo Ghini, che sono dei grandi comici, avevamo già fatto diversi film: mi sono appoggiata a loro, e ci siamo molto divertiti. Magari, anche per via del titolo, si potrà pensare che il film alluda ai politici che sono al governo. Ma noi attori non abbiamo lavorato sull’imitazione di personaggi esistenti.
Il film è ambientato a Budapest, città dove converge una delegazione di politici italiani, al seguito della visita ufficiale del nostro capo del governo. Hai potuto visitare la città e fare un po’ di turismo?
Purtroppo eravamo impegnati tutto il giorno, con tempi serrati. Ma la sera, dopo le riprese, andavamo disperatamente a caccia di ristoranti italiani, e mi è capitato di cenare con Marco Risi ed Enrico Vanzina: non sono riuscita a visitare Budapest, ma ho avuto in regalo un corso di storia del cinema. Mi hanno raccontato ogni genere di aneddoti, da Monica Vitti ad Alberto Sordi, da Steno a Dino Risi.
Nell’atmosfera chiusa e concentrata del set, succede spesso di innamorarsi. È più facile innamorarsi del regista o di un attore?
Io non mi sono mai innamorata sul set, né di registi né di attori. E nemmeno di un produttore. Comunque, nel caso, per me è più affascinante la troupe. Forse anche per una questione di principio. Non mi piace l’idea dei rapporti d’amore che in mezzo e sullo sfondo hanno l’esercizio e il fascino del potere.
Come è il rapporto col tuo corpo? Ho letto che persino la top model Gisele Bündchen, che sfilava per il marchio di intimo Victoria’s Secret, si sentiva a disagio in mutande sulla passerella.
Non ho mai fatto scene di nudo o di sesso, quello forse mi imbarazzerebbe. Però mi è capitato di girare scene in bikini, senza problemi. In Natale a 5 stelle, per buona parte del film recito in biancheria intima. Il primo giorno mi sono sentita un po’ in imbarazzo per lo sguardo degli altri, ma anche perché mi portavano l’accappatoio appena si finiva una scena, come per proteggermi. Allora, dal secondo giorno, ho detto: “Per favore, non portatemelo più. Questo è il costume di scena e mi devo abituare a stare così”.
Di solito i toscani hanno un accento spiccato, che non riescono a cancellare. Tu, invece, mentre parli con me, hai un accento neutro. Ci hai dovuto lavorare molto?
Molti non me lo riconoscono, ma io ci ho lavorato tantissimo. L’accento toscano è inestirpabile. Quando eccepiscono sulla mia inflessione attuale, io penso: Non ricordano da dove sono partita! Fin dall’inizio delle riprese, qualcuno ha visto in me Maria Elena Boschi, forse proprio perché sono toscana. Progressivamente, mentre gli equivoci e le catastrofi si susseguono – a un certo punto salta fuori anche un cadavere misterioso -, io perdo il controllo e nel farlo il mio accento diventa sempre più spiccato. Per esigenze di copione però!
So che lontano dall’impegno del set non ami la vita mondana, e invece sei una lettrice appassionata.
È vero, non vado mai a cene, o feste, a meno che non si tratti della promozione di un film che ho girato. Invece mi piace stare a casa a leggere. Adesso mi sono appassionata ai libri di un pedagogista, Daniele Novara. In Litigare fa bene,sostiene che il litigio è utile ai bambini. Gli adulti si mettono in mezzo e li separano, col risultato di lasciarli pieni di frustrazione e di problemi irrisolti. Ho capito che la maggior parte dei traumi dell’infanzia si vivono perché i genitori non conoscono le tappe evolutive della crescita.
Da ragazza hai vissuto la separazione dei tuoi genitori, e più tardi la violenza dell’esposizione ai media. Cosa ti ha fatto soffrire di più?
Sicuramente sono per la separazione: penso che le coppie non debbano rimanere nelle situazioni di crisi, protraendole. I mei credevano che separandosi ci avrebbero fatto soffrire, invece, per quanto mi riguarda, quando si sono divisi è stato un sollievo. Ci sono stati periodi turbolenti, ma ora i rapporti sono tranquillissimi.
E poi, certo, all’inizio della mia carriera, quando ero molto più fragile, mi sono sentita strumentalizzata e giudicata dalla stampa. È stato difficile gestire un certo tipo di attenzioni, ma ora credo di aver imparato.
Come è cambiato il tuo atteggiamento rispetto al lavoro e alla vita, nel corso degli anni della tua carriera?
In sintesi, potrei dire che per anni mi sono preoccupata di fare anzitutto quello che faceva bene alla me stessa attrice, ma ormai da un bel po’di tempo penso anzitutto a quello che fa bene a Martina. Non voglio più sacrificare aspetti della mia personalità, facendo cose che mi creano stress.
Se potessi scegliere una persona che non conosci con cui andare a cena, chi sarebbe?
Francesco De Gregori. Mi incuriosisce perché è un grande poeta, e nel corso degli anni ho sempre notato in lui una sorta di chiusura, come se fosse una forma di timidezza. Ma forse mi sbaglio.
Vuoi che proviamo a organizzare questa cena?
Più che altro mi piace immaginarla. Sono come lui, una persona riservata!