Camilla Baresani

Sommario

LUCIANO LIGABUE – Scusate il disordine

- Io Donna - Corriere della Sera - Interviste

Incontrare Luciano Ligabue nella sua Correggio è un modo per constatare l’impeccabile adesione tra il paesaggio esteriore della campagna emiliana e quello interiore delle sue canzoni e dei suoi racconti. È una giornata luccicante ma non facciamo nessuna fatica a immaginare gli stessi luoghi nella versione umida e nebbiosa che accompagna tante delle sue storie. Scusate il disordine, ormai il quinto libro di Ligabue, è una raccolta di sedici racconti che suonano come canzoni prolungate, in cui si dispiega la vita della provincia con le sue inevitabili asprezze temperate dallo sguardo complice dell’autore. I protagonisti, che hanno tutti a che fare con le più varie professioni della musica, dal suonare uno strumento al possedere un negozio di dischi in cui non entra più nessuno, dal mestiere di vocal trainer a quello di autista-di-rapper-paranoico, conducono vite annodate tra slanci e inciampi, tra amori romantici e paura di fallire. Sono racconti sorprendenti: ti rendono complice, si leggono con gusto e curiosità, e persino l’immissione nella trama di alcuni elementi surreali funziona senza inceppare la fluidità delle storie.

Era di Correggio anche Pier Vittorio Tondelli, scrittore di culto negli anni Ottanta. Lo ha conosciuto?

A vent’anni, mentre passavo i mesi peggiori della mia vita – artigliere a Belluno, una città dove le ragazze erano in netta minoranza e non consideravano chi aveva la sfumatura alta -, sentii parlare di un ragazzo di Correggio che aveva pubblicato un libro che era stato sequestrato. Insegnava catechismo, era della parte “Don Camillo” di Correggio mentre io ero di quella “Peppone”. Così, alla prima licenza, andai alla cartolibreria del paese. “Ma senti, è vero?” “Sì, sì,” mi confermò i libraio passandomi Altri libertini sottobanco, come un pusher.

Le è piaciuto?

È stato una rivelazione, perché a parte la qualità, che secondo me è eccezionale, ci ho visto una persona che posava lo sguardo sulle stesse cose che io vedevo tutti i giorni con sguardo annoiato o distratto, e le rendeva vive raccontandole in modo affettuoso o respingente. Così ho pensato che anch’io potevo riportare a modo mio quello che vedevo. Non c’era bisogno di andarsene da Correggio per raccontare qualcosa di interessante.

E poi vi siete frequentati?

No, perché quando si è saputo della sua omosessualità è diventato difficile per lui vivere nello stesso ambiente cattolico di prima, ed è andato via da Correggio. Ci siamo incrociati qualche volta, ma per le rispettive timidezze non ci siamo mai detti nulla. Però c’è una storia che ci unisce ulteriormente. Nel dicembre del ’91, all’inizio della mia carriera (non sono stato un enfant prodige, avevo già trent’anni) abitavo nello stesso condominio dei suoi genitori. Un giorno mi sveglio con la febbre alta. La sera avevo un concerto, ma non sono riuscito nemmeno ad arrivare al sound check. È stato il primo e unico concerto saltato nella mia vita. Quella notte, mentre mi aggiravo per casa nel delirio della febbre, al piano di sopra stava morendo Tondelli, malato di AIDS. È una cosa su cui ho molto favoleggiato, dal punto di vista strettamente personale. Forse, se nel mio paese non ci fosse stato uno che aveva così tanta voglia di raccontare quello che gli passava sotto gli occhi, non avrei mai sviluppato un mio punto di vista.

Dai racconti di Tondelli ai suoi racconti di Scusate il disordine. Quale è l’oggetto narrativo di questa sua nuova raccolta?

Il disordine. Noi cerchiamo di disciplinare la vita riempiendola di regole, ma in realtà non abbiamo alcun controllo sulle cose che ci riguardano intimamente. In queste storie ho voluto dilatare l’effetto di disordine, aggiungendo elementi soprannaturali, surreali, per certi versi magici, che interferiscono in modo naturale nelle vite dei protagonisti. E poi c’è la musica, che, per mia esperienza personale, benché sia ordine sullo spartito, crea effetti di puro disordine dentro ognuno di noi. E naturalmente ci sono gli amori, spesso emotivamente disordinati, anche se intensi e perenni.

A proposito di sentimenti: da musicista, le è capitato di innamorarsi di una fan?

Mi è capitato, però sono state più che altro infatuazioni. In realtà mi sono innamorato poche volte, e quando è successo mi sono sposato. Sebbene gli uomini lo ammettano di rado, io devo dire di essere veramente innamorato di Barbara, con cui mi sono sposato nel 2012, dopo undici anni di convivenza.

Figli?

Ne ho due: Lenny Lorenzo, che ha diciotto anni, nato dal mio primo matrimonio. E Linda, che ne ha undici, dal secondo. I loro nomi iniziano con la L, come mi ha chiesto mio padre, perché secondo lui avere iniziali uguali porta fortuna.

Se non dovesse più cantare, farebbe lo scrittore a tempo pieno?

Ho avuto la fortuna di poter produrre quello che mi aveva sempre catturato da “utente”: ho fatto la musica, i film, i libri. E per me i racconti sono una forma di scrittura che corrisponde a una vacanza, pura libertà creativa perché non c’è la struttura obbligatoria delle canzoni: strofa, ritornello, divagazione, ritornello finale.

Ma cantare è sempre stato una gioia. Se non potessi più farlo, sarei terrorizzato!