È proprio la ragazza (bellissima) della porta accanto. Esile, con lineamenti perfetti e colori preraffaelliti, seduce nella sua semplicità ma poi, con make up e acconciature diverse, è come una tavolozza su cui si possono costruire donne fatali o determinate o sentimentali, forse perfino perfide e pericolose.
Quando arrivo al piano terra della sua casa, il portiere mi chiede: “Cerca Vittoria?”. Vittoria Puccini ha una figlia di tredici anni, un compagno con cui convive (Fabrizio Lucci, direttore della fotografia) da sette, interpreta film ormai dal 2000, eppure ha serbato un aspetto da ragazza, di una persona a cui non viene in mente di apporre un “signora” davanti al nome.
Sta per uscire l’ultimo film che ha girato solo pochi mesi fa, una storia che ci farà piangere in cui tutti ci identificheremo. Chi non è orfano, o non teme di diventarlo, o non ha avuto dei lutti che lo abbiano scosso? Chi non ha patito il controllo dei genitori o non si è sentito in dovere di indirizzare i figli? Ebbene, 18 regali, diretto da Francesco Amato, con Benedetta Porcaroli ed Edoardo Leo, è liberamente ispirato alla storia di Elisa Girotto che, morta di cancro quando sua figlia non aveva ancora un anno, le ha lasciato 18 regali, uno per ogni compleanno fino alla maggiore età.
Vittoria, anche lei ha una figlia, immagino che si sia molto identificata nei pensieri e nei desideri di questa donna generosa.
Quello che ha fatto Elisa poco più di due anni fa è qualcosa di straordinario nella sua semplicità. Un lascito fatto di regali e lettere piene d’amore, senza però filosofeggiare sulla vita e sulla malattia. Una proiezione nel futuro per non lasciare sola sua figlia.
Lei ha conosciuto la famiglia di Elisa?
Sì, con il regista, Edoardo Leo che interpreta il marito e Benedetta Porcaroli, la figlia da grande, siamo stati a Treviso a parlare con il vedovo di Elisa, Alessio Vincenzotto, che ha partecipato alla sceneggiatura. La bimba, Anna, ora ha tre anni. Alessio ci ha fatto vedere le liste dei regali e le lettere che sono commoventi, per lo slancio positivo che contengono. Ho pianto leggendole.
Quando la bambina sarà cresciuta e vedrà il film come reagirà?
Sarà contenta, perché il film dà un valore a sua madre, a una donna che ha avuto tanto coraggio. Quando sei malato tendi a concentrarti sul presente e invece lei si è concentrata sul futuro. Si è chiesta: come farò a esercitare il mio ruolo di madre e portarla alla maturità? Ha pensato di lasciarle un kit di sopravvivenza, che l’aiuterà ad affrontare la vita.
La trama si spinge in avanti, ci porta al diciottesimo anno di Anna.
C’è un’invenzione drammaturgica per cui madre e figlia, che nella vita sono state insieme solo per pochi mesi, invece si incontrano e si conoscono. Non posso dire di più. Parlerà a ciascun spettatore a seconda del proprio vissuto e della propria sensibilità. Il centro del film è il rapporto genitori figli.
Lei con chi si è immedesimata?
Mi ha fatto pensare a quando in quarta ginnasio un professore ci diede da commentare I vostri figli, una poesia di Gibran. “I vostri figli non sono vostri” dice. E anche “Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a voi”. E poi: “Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati”. Io avevo commentato che sì, è vero che il genitore è un arco che deve rispettare l’individualità e le attitudini del figlio, proteggerne l’identità specifica senza riversargli le sue frustrazioni per le cose che non è riuscito a realizzare. Secondo me, però, andava posticipato questo tempo dell’arco che scocca la freccia, e poi dove va va. Quel momento arriva solo quando si raggiunge la maturità. Durante l’infanzia e l’adolescenza è importante che i genitori trasmettano dei valori.
E lei che rapporto ha avuto con i suoi genitori?
Mi hanno regalto l’amore per lo studio, per la cultura e soprattutto il valore dell’onestà, anche verso se stessi. E il film racconta proprio questa trasmissione di valori: Anna, sin da piccola, rifiuta i regali, perché scartarli le comunica un dolore. Solo quando le due donne si conoscono, la figlia riesce a capire quanto sua madre fosse spinta dall’amore, proiettata nel suo futuro.
Anna comprende la madre e la madre capisce che è giusto proteggere e indirizzare, e poi lasciar andare la figlia sulle proprie gambe.
Nel 2011, mentre era madrina della 68° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, sua madre è mancata.
Purtroppo è così. Ho fatto solo l’apertura e la chiusura del festival, perché nel mezzo, per una malattia, lei è mancata. Era giovanissima, non aveva sessant’anni.
Ho pensato che non ce l’avrei fatta a tornare al Lido per la chiusura della Mostra. Poi, parlando con mio padre, ho capito che mia madre avrebbe voluto che finissi il mio lavoro. Una madre non vuole interrompere la vita della figlia, e io ho dovuto impegnarmi, stringere i denti e portare a termine il mio lavoro per dare un senso all’eredità spirituale che lei mi aveva lasciato. Ho chiesto alle persone che amo, mio padre e mia figlia, di accompagnarmi e restare con me, e tutti insieme siamo ripartiti per Venezia.
Lei ha provato a mettersi nei panni di Elisa? Cosa avrebbe fatto?
No, non me lo chiedo. Nel momento in cui vivi le cose, prendi decisioni, fai scelte. Preferisco concentrarmi sull’oggi. Questo film è un inno alla vita. Elisa scrive alla figlia di apprezzare le piccole cose, di godersi tutto. Parla di emozioni, oltre che di cose da organizzare, per esempio la scelta dell’asilo. La spaventa l’idea di lasciare sola Anna nei momenti difficili. Nelle lettere che ha lasciato, Elisa cerca anche di proteggere il marito: teme che non abbia la forza di accettare e affrontare la situazione. Consiglio di vedere il film a ogni genitore e figlio con problemi di relazione, perché ti rappacifica, aiuta a rispettare la diversità dei figli, e questi a capire che gli errori che padri e madri possono aver commesso sono stati fatti con amore.
Il suo ex compagno, Alessandro Preziosi, che genere di padre è?
È superpresente, è bravissimo e mi ha aiutato molto. Siamo in ottimi rapporti e collaboriamo perfettamente nel dividerci i compiti e seguire nostra figlia. La accompagna nei musei, alle mostre, contribuisce a trasmetterle l’amore per la cultura.
E i suoi genitori? Un docente universitario e un’insegnante: quando lei ha deciso di lasciare l’università per tentare la carriera di attrice, come si sono comportati?
Sono stati l’arco che scocca la freccia. Andavo benissimo a scuola, però a diciannove anni ho chiesto di lasciare che mi trasferissi a Roma per provare a fare l’attrice. Pur essendomi iscritta a Giurisprudenza a Firenze, dove abitavamo, non ho fatto esami. All’inizio, i miei erano erano un po’ preoccupati. Temevano che restassi in un limbo dove non succede nulla. Allora, mi hanno concesso di andare, ma solo per due anni. Se in quell’arco di tempo la mia carriera fosse iniziata, bene, altrimenti avrei dovuto tornare a Firenze, reiscrivermi all’università, e magari tentare ancora di fare l’attrice, però studiando. Ma alla fine dei due anni ho fatto il provino di Elisa di Rivombrosa. E da lì è iniziata la mia vita di attrice. Da allora ho sempre lavorato senza tregua.
A quel punto è cambiata anche la sua vita di relazioni? Le sue migliori amiche sono attrici?
Le mie amiche vere sono quelle di Firenze, oppure i miei parenti, i miei cugini, mio fratello. Io ho bisogno di avere vicino persone che conosco da sempre perché racconto poco di me. Sono chiusa, riservata. Preferisco ascoltare, e spero di saper dare dei buoni consigli. È difficile diventare amica di altri attori, perché col cinema vivi a stretto contatto per un periodo breve ma poi tocca a un altro film, ed è complicato tornare a frequentarsi. È come se ogni volta mutassi famiglia. Il mondo del cinema è un continuo cambiamento: le scene gli attori, i luoghi… Per il mio carattere è perfetto, io non sono abitudinaria, a me piace traslocare, rinnovarmi, cambiare casa, non ho paura del cambiamento, mi diverte moltissimo.
Anche con gli uomini?
No, con gli uomini meno si cambia meglio è.
Attori, registi, direttori della fotografia sono persone più gelose della norma?
Sono gelosi perché il nostro è un lavoro che ci porta a stare lontani.
Lei è gelosa?
Sì, molto. Lo sono sempre stata, anche se con il mio compagno con cui sto da sette anni non ci sarebbe motivo, e invece continuo a esserlo. Anche quando non c’è niente di concreto, finisce che ce lo si inventa. Fabrizio è direttore della fotografia, e non lavora quasi mai a Roma, dove abitiamo. Ma stare con un attore è anche più difficile. Benché si sappia che non c’è malizia nelle scene d’amore, che ci sono decine di persone sul set, non fa piacere quando poi rivedi certe immagini sullo schermo. Strare insieme tra attori è abbastanza stressante. Non ti abitui mai.
E i suoi ex fidanzati?
Anche! Siamo tutti gelosi!
Lei ha appena girato il video della nuova canzone di Ultimo, proprio con Edoardo Leo, che in 18 regali è suo marito.
Pensi che, per ogni film che interpreto, ho l’abitudine di scegliere una canzone… o la canzone sceglie me. Diventa l’accompagnamento del personaggio che interpreto, l’ascolto sul set nelle attese, o la mattina quando mi vengono a prendere col pick up. A luglio, subito prima di iniziare a girare 18 regali, ho deciso che la canzone della protagonista, Elisa, sarebbe stata Rondini al guinzaglio di Ultimo. Ho mandato un messaggio a Francesco Amato, il regista, con il video della canzone. Lo sapevamo solo io e lui. Poi, in novembre, quando avevamo da poco finito il film, Ultimo ha cercato me ed Edoardo Leo, proprio noi due, per la clip della sua nuova canzone, Tutto questo sei tu. Una coincidenza incredibile! Tra l’altro con questo video mi sono guadagnata il rispetto di mia figlia, che è una sua grande fan.