Illustrazione di Valeria Petrone
Nel nuovo allestimento del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria, i bronzi di Riace sono al centro di un grande ambiente algido e volutamente spoglio, dove possono entrare solo poche persone per volta. Si riesce così a osservarli senza avere quasi nessuno intorno (non come al Louvre, con la barriera umana davanti alla Gioconda) e a gustare sia le minuzie sia le proporzioni generali. Aggirandomi intorno a quei due corpi perfetti pensavo a quanto è cambiato l’ideale di bellezza femminile, sempre soggetto a mode mentre quello maschile è fisso e immutabile. Come se l’estetica dei maschi avesse un canone fissato per sempre più di duemilacinquecento anni fa, mentre il canone femminile è cambiato chissà quante volte, dalla Venere callipigia alle sorelle Gigi e Bella Hadid, passando per modelle anoressiche, stangone palestrate e androgine, donne curviformi e mignon.
Giorni dopo, mentre cercavo un po’ di beatitudine in una bottiglia di Brunello di Montalcino – vino classico, solido e intramontabile come i Bronzi –, ho visto in televisione qualche fotogramma di un film del ’91, Abbronzatissimi. C’era un’Alba Parietti con labbra sottili e seno piccolo, né bello né brutto, non ancora rimpiazzato da quello artificiale. Poi, nello stesso programma televisivo, scorrevano scene di un vecchio film erotico con Edwige Fenech: aveva un seno morbido, un po’ sceso, diverso da quello delle attrici di adesso, che mostrano dei palloncini gonfi aggrappati al costato. Al cinema, il corpo femminile privo degli artifici della medicina estetica è ormai datato, e seni naturali, volti con rughe, nasi imperiosi segnalano la vetustà di un film: le sembianze femminili naturali sono legate a una stagione tramontata esattamente come quella di calcolatori, telefoni e schermi del passato. Il doping estetico fatto di filler e protesi ha imposto il suo canone, e ormai i corpi delle donne si possono datare attribuendoli a un determinato periodo grazie alle modifiche che esibiscono, dai tatuaggi agli interventi di chirurgia estetica. Tutto il contrario dei Bronzi, e del Brunello, con il loro canone immutabile e indiscutibile.