Illustrazione di Valeria Petrone
Leggere è un’attività molto più solitaria che guardare film. Forse è per questo che sempre meno persone comprano libri, perché la solitudine è malvista, se ne parla continuamente come se fosse un fenomeno negativo, un po’ come se parlando di cani ci si riferisse solo a quelli che mordono i bambini. Al cinema si va perlopiù in coppia, le serie televisive si guardano in gruppo oppure ognuno per conto proprio ma in contemporanea con tanti altri, così il giorno dopo si commenta, tipo partita di calcio; mentre è quasi impossibile che una coppia o un gruppo di amici legga lo stesso libro in contemporanea e alla stessa velocità. Anche il ritmo di lettura, infatti, è squisitamente individuale: c’è chi punta alla trama e se ne fa risucchiare come se fosse in una corsa, chi si sofferma sullo stile e sui dettagli centellinando le pagine, chi usa la storia per trovare se stesso e finisce per pensare ai fatti propri senza arrivare alla fine. Perfino degustare un vino può avere un aspetto piacevolmente solitario, e lo si apprezza di più quando non si è distratti da altri commensali e non si cade nel tipico meccanismo sbadato del versa-bevi-versa. Vini e libri sono piaceri associabili benché non si possano paragonare: un grande libro lascia un’impressione profonda che può durare decenni, e questo è difficile che capiti con una bottiglia; però assaporare le note di un vino, godendone da soli come se fosse un racconto, stimola a concentrarsi e a concepire catene di pensieri e associazioni: è come far fare una passeggiata alla propria mente. Lo scrittore di polizieschi Don Wislow, uno di quegli autori americani da cui non ti aspetteresti alcuna forma di astrazione ma solo crimine organizzato, efferatezze e colpi di scena, mi ha stupito per la sottigliezza di questa sua riflessione: “Il giornalismo racconta i fatti, ma con la narrativa, con la letteratura, si può raccontare la verità. La verità emotiva che spinge a certi comportamenti”. Ha proprio ragione Wislow: quando leggo una notizia, sento sempre la mancanza delle storie individuali per cui si è giunti a quei fatti, come se il giornale raccontasse la forma ma non il contenuto. Curiosamente, anche il vino, che favorisce l’introspezione e l’analisi, spinge alla verità emotiva, accende una luce che porta a illuminare aspetti inesplorati delle storie che ci riguardano.
Pubblicato il 27 agosto 2016