Illustrazione di Valeria Petrone
Rompere con le cose reali non è niente. Ma rompere con i ricordi!… A separarsi dai sogni il cuore si spezza”. Ho trovato questa frase nell’autobiografia di Jean d’Ormesson, venerato intellettuale francese di origini aristocratiche. La famiglia della madre era proprietaria di uno dei manieri più belli della Francia, il castello medievale di Saint-Fargeau, dove il piccolo Jean passava le estati. Proprio quel castello diventerà il protagonista del più famoso libro di D’Ormesson, A Dio Piacendo. Ma pochi anni dopo il grande successo di vendite del romanzo, il castello di Saint-Fargeau, troppo costoso da manutenere, e che perciò versava in deplorevole stato di abbandono, venne venduto dalla famiglia al signor Michel Guyot. Con il necessario spirito pratico, l’imprenditore ha sostenuto le ingenti spese di ripristino di un simile monumento storico, e lo ha trasformato in un visitatissimo parco a tema, una Disneyland con figuranti in costume e spettacoli e giochi di luci. Così, Saint-Fargeau è diventato una delle più grandi attrazioni turistiche della Borgogna, e un giorno anche d’Ormesson, ormai vecchio, è tornato a dare un’occhiata. Non l’avesse mai fatto! Ecco da dove nasce la citazione iniziale. Quel giorno, d’Ormesson si è separato dai suoi ricordi e dai sogni. È successo anche a me. Non per un castello, ma per una casa di campagna dei miei nonni, a Viggiù. Tornare a vederla, trovarla tutta luccicante di restauri con l’aggiunta di decori chiassosi, i viali del giardino asfaltati mentre un tempo c’era una ghiaia sottile che andava rastrellata ogni giorno… ho rotto con uno dei ricordi più belli della mia infanzia, e sì che ero andata fin là per ravvivarlo. Insomma, per riprendermi da quella malinconia, dallo sfaldamento dell’incantesimo di quelle estati in cui con mio mio fratello imparavamo a pedalare sui vialetti sdrucciolevoli, rovinando la superficie liscia dei sassolini e rovinandoci le ginocchia, ho dovuto andare in un caffè davanti ai giardinetti di Piazza Vittorio a Roma, aspettare che arrivasse il mio compagno di pagina Gelasio Gaetani, e bere con lui un vino bianco asciutto e amarognolo, ascoltando le sue storie, cercando di sostituire nuovi incanti a quelli che avevo rovinato nello sciocco desiderio di ripristinarli.