Illustrazione di Valeria Petrone
Negli ultimi mesi, una sorprendente quantità di persone che conosco è precipitata in catastrofi e meraviglie sentimentali, con sfumature che rendono arduo distinguere se si sia trattato di un dramma irreversibile o di una fortuna imprevedibile. Un professore quasi settantenne, chiamiamolo Aristide, che stava per sposarsi con una sua eterna fidanzata cinquantacinquenne (decisione presa per motivi abbastanza spoetizzanti: la reversibilità della pensione), si è fatto sorprendere dalla futura sposa mentre la tradiva con una trentenne, in un motel. Scenata, morsi, schiaffi, denunce, rappacificazioni. Alla fine Aristide è rimasto solo, lasciato dall’una e dall’altra. Gli è andata bene o male? Lui e io ne stiamo ancora discutendo. Per ora, la sua pensione è rimasta irreversibile.
Un’albergatrice trentacinquenne di bell’aspetto e grande charme, chiamiamola Ottavia, ha perso la testa per un uomo ricco, famoso e persino scapolo, che le ha detto ti sposo, ma ti sposo subito, proprio subito. Si conoscevano da pochi giorni. Immediatamente dopo averla convinta e averle fatto dare la notizia ad amici e parenti, l’aspirante marito è scomparso. Si è poi dedotto che aveva cambiato idea, e però si era scordato – diciamo così – di avvertire Ottavia. Le è andata bene o male? Lei ha un’opinione opposta alla mia.
Un manager risposato da dieci anni, chiamiamolo Alfredo, che continuava a magnificare l’idillio e la passione caratteristiche del suo secondo matrimonio, si è improvvisamente reso conto di amare da sempre una lontana cugina, anche lei risposata. Entrambi hanno mollato seduta stante le famiglie e ora sembrano entusiasti e si dicono finalmente sistemati, e ci si chiede se prima non mentissero, dato che dicevano le stesse cose riferendosi ai precedenti coniugi. Gli è andata bene o, data la volubilità, tanto valeva restare con i rispettivi seconda moglie e secondo marito? A quando un nuovo bruciante amore definitivo?
Questo è il genere di vicende la cui disamina accompagna me e un’amica durante la degustazione di una bottiglia di vin santo. È mosto invecchiato per almeno tre anni, un fluido aranciato che aiuta a prendere atto di quanto sia bello raccontare le storie e gustarne i dettagli, ma non se ne viene mai a capo, e bisogna prenderle per quel che sono: una pura successione di fatti, un movimento di pedine senza alcuna verità né bilancio definitivo.
Pubblicato il 10 dicembre 2016