“Ruggine”, romanzo di Anna Luisa Pignatelli è il mio romanzo italiano preferito degli ultimi tempi. È la storia di Gina, una vecchia brutta e forse anche cattiva (anzi, incattivita), ambientata in un borgo senza nome (potrebbe essere in Umbria o Toscana), dove tira vento e fa freddo e ci sono salite erte, e gli abitanti sono infidi e non si vede alcuna speranza di un mondo migliore, e le sorprese non sono mai positive. La scrittura è di grande qualità, pulita e mai banale, a tratti sorprendente. Una delle figure più belle è quella del prete George, nero caraibico, spedito nel borgo isolato a occuparsi dei parrocchiani, un covo di ipocriti impietosi. George è un poveraccio non credente, che vuole solo mangiare e copulare, cui la Chiesa ha trovato “il posto”, un po’ come certi americani disastrati ma imbelli si arruolano nell’esercito per avere uno stipendio.
Chi non ama Tabucchi, sparato in copertina per promuovere il romanzo, non si preoccupi. Non ci sono tirate antiberlusconiane o anti-poteri forti nemmeno in forma metaforica. È solo una bella favola nera. Un raro caso di gotico all’italiana.
DImenticavo: Ruggine concorre al Campiello 2016. Spero che vinca.