L’anno scorso, quando è morto, le parole più usate per definirlo sono state: grande dimenticato, grande ribelle, fuorilegge, maledetto, irriducibile radicale, classico dimenticato, classico ignorato, scandaloso, cane sciolto… Parliamo di James Purdy, nato nel ’23 in Ohio e autore di Rose e cenere. Il romanzo, uscito nel ’67 e ora ripubblicato da B.C. Dalai nella medesima traduzione della prima edizione Einaudi del ’70, si attaglia perfettamente alle definizioni usate per il suo autore. Ambientato negli anni Trenta, in una Chicago popolata di miserabili ulteriormente impoveriti dalla Grande depressione, Rose e cenere è un romanzo crudo nelle sue storie di emarginati, eppure sentimentale e toccante perché contiene tutte le declinazioni e le variazioni dell’amore: materno, filiale, nonnesco, omosessuale, eterosessuale, transessuale, bisessuale, incestuoso, sadomaso. Ci sono persino l’amore per la poesia greca, per gli epistolari e per i vaticinii. E l’amore straziante per le vite non vissute: vi si trova la sconvolgente descrizione di un aborto procurato, che in quanto a dettagli horror non ha nulla da invidiare all’aborto di Charlotte raccontato da Faulkner in Le palme Selvagge. Del resto, nell’opera di James Purdy – tipico “scrittore per scrittori” amato da Gore Vidal, Dorothy Parker e Paul Bowles – gli echi letterari sono moltissimi. Il finale, per esempio, ambientato in un sinistro campo militare dalle parti di New Orleans, rimanda a Riflessi in un occhio d’oro di Carson McCullers.
Il protagonista del romanzo è Eustace, che in uno squallido appartamento di Chicago va scrivendo su vecchi fogli di giornale un poema narrativo. Attorno a lui, alla sua passione per le storie degli altri e alle sue altalenanti capacità medianiche, si sviluppa una rete di relazioni amorose tra personaggi invariabilmente autodistruttivi. Il tono drammatico, la scrittura dall’asciuttezza teatrale, toccante e moderna nella sua semplicità, con un uso parco di metafore sempre ben assestate (“il suono delle parole in greco antico, che parevano latrati di cuccioli infuriati”), rendono il romanzo trascinante, come già Malcom, l’opera prima di Purdy. Sifilide, alcolismo, fame, miseria, sesso: nulla muove il mondo (verso la catastrofe esistenziale) quanto il bisogno di essere amati. I protagonisti cercano tramite i rapporti sessuali, anche solo sognati, di placare la propria sconfinata sete d’affetto, spesso dovuta all’essere figli illegittimi di genitori mai conosciuti oppure inadeguati o troppo presi dalla necessità di sfamare bocche. Un romanzo ispirato, di un autore che ha saputo rappresentare l’aspetto universale delle nostre vite emotive, perennemente irrisolte.
James Purdy, Rose e cenere, B. C. Dalai, 2010, pagg. 211, € 18,50, traduzione di Attilio Veraldi