All’origine della narrativa letteraria ci sono due diverse spinte alternative: o una ricognizione nel passato, nel tentativo di imprimere un pizzico di eternità a voci che sono radicate nell’autore e che altrimenti col tempo svanirebbero; oppure il racconto del qui e ora, coi piedi ben piantati dentro se stessi, nelle proprie esperienze o in un proprio straniante mondo immaginario. Johanna Skibsrud è una scrittrice del primo genere, almeno a giudicare da I sentimentali, opera con cui la giovane poetessa canadese ha esordito nella narrativa. L’io narrante, forse aderente a quello dell’autrice, indaga sul padre, morto da poco. L’uomo, un carpentiere di nome Napoleon Haskell, ha avuto la vita scandita da alcuni snodi fondamentali: la guerra in Vietnam, con la morte di un amico avvenuta in circostanze misteriose; il matrimonio presto naufragato, con la nascita di due bambine; e in seguito una sorta di anno zero (“mio padre acquistò l’alloggio di Fargo durante il suo primo anno di sobrietà”) che però non rappresenta una vera e propria svolta ma solo una continuazione. Taciturno, impegnato in lavori che non riesce mai a terminare – per esempio una barca a vela da regalare alla moglie -, inadeguato a ogni ruolo della vita, e tuttavia degno di menzione e amore, Napoleon è un enigma che la figlia vorrebbe risolvere prima che il ricordo del suo passaggio sulla terra evapori senza lasciar nulla. È dunque la storia di un’indagine, ma nulla è più lontano dal giallo di questo romanzo divagante, erratico, che scava nei ricordi cercando di stabilire la verità su un padre, e per arrivarci deve ricostruire fatti certi che nessuno più conosce, perché il tempo li ha modificati nel ricordo dei testimoni, rendendo vana la forza di denuncia e scandalo che avevano in sé quarant’anni prima, ai tempi della guerra. Fatto sta che il tentativo di riscrittura della storia di Napoleon, tentativo che, analizzando i pochi fatti di cui la protagonista dispone confonde anziché chiarire, è estremamente affascinante. Sono splendide le descrizioni dei luoghi in cui si è svolta la vita del padre: raccontano, con una progressione da zoom satellitare i luoghi dove è vissuto: l’accampamento di case mobili a Fargo, nel North Dakota, e Casablanca, nell’Ontario, una città che è diventata doppia: c’è la parte originaria, finita in fondo a un lago per via della costruzione di una diga, e c’è la parte ricostruita dal governo, pochi chilometri più in là. L’oscura città sommersa, continuamente evocata, finisce per dare un tono sonnambulo ai ricordi della protagonista. Come fosse il simbolo della memoria ormai annacquata del padre, fatta di immagini che fluttuano scomposte.
Di fatto, I sentimentali non è una storia con un intreccio definito, ma piuttosto uno stato d’animo ambientato nell’unica cosa certa oltre alla vita e alla morte, cioè la geografia dei luoghi. Se i ricordi sono imprecisi, le descrizioni dei luoghi sono invece limpide, mai arzigogolate, senza il doping di metafore e similitudini.
Il difetto di questa notevole opera prima è semmai in certe frasi introspettivo-concettose che vanno bene per appunti privati, ma che in un romanzo andrebbero sciolte e sintetizzate. Tuttavia I sentimentali lascia un ricordo persistente, dovuto alla sua perturbante e marcata individualità letteraria.