Di cosa parliamo quando parliamo durante una cena mondana? Di vacanze proprie e altrui (noia), di risaputi pettegolezzi su ministri e personaggi televisivi (uffa), di educazione dei figli (uggia), di provvedimenti del governo (ma lo si fa già tutto il giorno in ufficio e al bar), di politica internazionale (idem)… Urge perciò prepararsi temi alternativi, poiché tra novembre e dicembre incombono cene pre e postnatalizie, capodannesche e capodannate. Al grido di “Vediamoci prima della fine dell’anno!”, si entra nel cuore della stagione degli inviti. È il periodo ideale per brillare in società, cosa utile ai fini mondani ma anche per intercettare occasioni di lavoro. E questo grazie alla scaltrezza con cui si riesca a prendere in pugno la conversazione di una cena senza nerbo, soffocata dai soliti logori argomenti. Per riaccendere gli animi sopraffatti dalla noia non c’è nulla di meglio che scatenare un dibattito filosofico prendendo spunto da vicende quotidiane terra-terra. Lo sostengono i francesi Sven Ortoli (divulgatore scientifico con nome da illusionista) e Michel Eltchaninoff (filosofo con nome da filosofo), autori di Come sopravvivere alle cene mondane senza passare per ignoranti, sorta di frasario essenziale per non passare inosservati in società. Si ispira, questo manualetto, alla confortante tradizione pedagogica occidentale cui tutti prima o poi facciamo ricorso. L’imprescindibile Ape latina del Fumagalli, il Bon ton di Lina Sotis, Il museo degli errori e il Si dice non si dice di Aldo Gabrielli: tutti vademecum all’insegna di quell’idea umanitarista e prettamente borghese per cui la società non è fatta di selvaggi da addomesticare e asservire, bensì di individui che possono elevarsi intellettualmente e, di conseguenza, socialmente. Come sopravvivere alle cene mondane è un galateo di seconda generazione, volto cioè ad affinare l’arte della conversazione, dando ormai per acquisiti gli ammaestramenti su come non piantare i gomiti nel costato del vicino e non risucchiare la minestra. Fornisce alibi culturali per sostenere che, se per esempio decideste di mangiare “alla carrettiera”, la vostra non sarebbe cattiva educazione bensì un voluto atteggiamento situazionista, frutto semmai di ipereducazione intellettuale. Eccovi allora un esalogo, tratto da questo agile bignamino delle idee filosofiche à la page.
Non farsi cogliere impreparati
Compiacere i commensali paragonando la loro conversazione ad altre che hanno fatto storia; a tal fine memorizzare un elenco di cene famose in cui, pur sollazzandosi, vennero elaborate idee preziose per le sorti progressive dell’umanità (dal Simposio di Platone al Convito di pietra di Molière; dall’Ultima cena alla Cena delle ceneri in cui Giordano Bruno divulgò la teoria copernicana)
Far colpo già in ascensore
Trovandosi in ascensore con un altro commensale, sciorinare le riflessioni del “re della filosofia pop”, Slavoj Zizek, che nel gesto di schiacciare il pulsante vede una metafora del processo politico postmoderno. Come? La soluzione la troverete nel libro.
Correggersi ma non correggere
Mantenersi impassibili di fronte a citazioni adulterate e a nomi storpiati (vedi Benjamin pronunciato con la j, come se anziché a Berlino fosse nato a Dallas). Evitare comunque di riferirsi a Spinoza trasformando la z di cazzuola nella s di riso. Sgombrato il campo dai rischi di pronuncia, proporre ai commensali una piccola gara di citazioni (nel libro ne trovate a frotte, tutte con riferimento di testo ed edizione).
Darsi un’appartenenza e proporre spericolati apparentamenti
Di gran moda – a Parigi ma certamente anche da noi – affermare con intento provocatorio “Io sono toquevilliano” e proseguire con un “Toqueville ha previsto tutto, anche la giungla degli autobus”, e, una volta catturata l’attenzione dell’uditorio, spiegare il perché e il percome. Ottimo anche catalizzare l’attenzione affermando “Il rock ha fondamenti presocratici”: nel libro troverete come collegare gli albori della filosofia a Keith Richards.
La miglior difesa è l’attacco
Se per caso arrivaste in grave ritardo alla cena, evitate di farfugliare scuse ridicole: è meglio attaccare sparandola grossa. Dichiarando “il mio cane è situazionista”, grazie a Guy Debord – e alle sue applicazioni secondo Ortoli & Eltchaninoff -camufferete con un’allure rivoluzionaria qualsiasi gesto irriguardoso o ridicolo.
Intavolare argomenti di interesse comune e buttarli in filosofia
– Richiamandovi al concetto di massa critica, stabilite quale sia il numero perfetto di commensali per una cena placé (più delle Grazie e meno delle Muse, secondo Walpole).
– Applicate al tema della ristrutturazione di un appartamento, e ai conseguenti conflitti con l’architetto, i dettami della filosofia decostruzionista di Derrida.
– Colpite l’uditorio con le teorie del matematico belga Quételet sull’inesistenza dell’uomo medio, applicandole alla mediocrità livellatrice che porta gli uomini a sognare la ragazza della porta accanto.
– Esercitate il concetto di ontologia nell’esame dei buchi di una forma di gruviera.
– Se non volete ammettere di essere a dieta, rifiutate il dolce dichiarando di essere epicurei, e spiegate come l’epicureismo non sia altro che l’equivalente filosofico di “magro è bello”.
– Appellatevi al “riconciliatore” Spinoza per far smettere di litigare una coppia sull’orlo della separazione. Infine, poiché “Nihil est in intellectu quod non prius fuerit in sensu” (qui la citazione è presa dall’Ape latina), cioè “Nulla è nella mente che prima non sia stato nei sensi”, ricordate che per riuscire graditi non bisogna concentrarsi troppo sull’arte di primeggiare. Sforzatevi dunque di notare e apprezzare l’eventuale sensualità di altri commensali, e soprattutto appagate i vostri sensi tacendo di tanto in tanto per fare onore alla cucina di casa (nella speranza che sia commestibile).