Ci sono romanzi che trovano completezza di senso e risonanze solo molti anni dopo la pubblicazione. Il passare del tempo li arricchisce anziché impoverirli, le iniziali intuizioni si trasformano in attualità stringente e fanno sentire già vecchie tante operine fresche di stampa. È il caso di Biglietto scaduto, titolo eloquente di un magnifico romanzo di Romain Gary, pubblicato per la prima volta nel 1975 in Francia (nello stesso anno in cui l’autore, con lo pseudonimo Emile Ajar, vinse il Goncourt con La vita davanti a sé). Come si vedrà, il titolo originale è ancora più centrato: Au-delà de cette limite votre ticket n’est plus valable (è la dicitura sul retro dei biglietti della metropolitana parigina). Il romanzo, ambientato perlopiù a Parigi, racconta la storia di un bell’uomo cinquantanovenne, Jacques Rainer, eroe di guerra, industriale ed editore a tempo perso, bon vivant e jet-setter, che si innamora perdutamente di una ventitreenne ereditiera brasiliana. Il racconto inizia con toni ironici e sferzanti, ma si trasforma via via nella confessione angosciata e angosciosa di un uomo che si rende conto di aver raggiunto il limite del proprio “biglietto”, ossia di non avere più nulla da dare a una giovane, in termini tanto di prestanza fisica quanto di prospettive. Jacques vive una crisi personale che però ne riflette una più generale, storica ed economica. Come dice all’urologo: “Vivo con un presentimento oscuro di fine del mondo”. La sua azienda, di medie dimensioni, è indebitata e non ha prospettive. È tempo di cederla a una multinazionale, prima di perderci troppo. E l’Europa versa in uno stato di decadenza socio-economica di fronte ai nuovi paesi emergenti, soprattutto l’Oriente. A essere scaduto, dunque, non è solo il biglietto di Jacques, ma anche quello della nostra civiltà invecchiata (erano, come adesso, gli anni della crisi petrolifera).
Il romanzo è spudorato, a tratti sconcertante: non avevo mai letto nulla di così sincero ma anche di così anatomicamente preciso nel descrivere il senso di disfatta di un uomo che, perdendo progressivamente la certezza della virilità, si sente inadeguato alle continue prestazioni amorose che crede necessarie a mantenere il rapporto con la giovane fidanzata. Le descrizioni sono crude e dettagliate, tanto che solo un magistrale controllo della scrittura, della lingua e anche del tono (un continuo alternarsi di sentimentalismo e di ironia) permettono al libro di essere il capolavoro che è. Il racconto infrange in definitiva l’unico vero tabù rimasto, che non è il quanto e come “farcela”, bensì il sempre più fondato timore di “non-farcela”, ossia lo spettro dell’impotenza. Leggete il lungo dialogo con l’urologo sul funzionamento della prostata: è di un umorismo e di una freddezza sublimi. C’è la tremenda contabilità degli atti riusciti e di quelli mancati; c’è la ragazza che pensa sia colpa sua e si sente maldestra; c’è la fatica di essere all’altezza e mantenere lo standard; c’è il soccorso di fantasie più o meno perverse, con l’inserimento di un terzo che dev’essere andaluso e non africano per essere credibile ed eccitante (e in questo c’è molto colonialismo francese); c’è la voglia di arrendersi e suicidarsi, per lasciare un buon ricordo di sé prima della disfatta. C’è dunque persino la prefigurazione di ciò che in effetti sarebbe accaduto; il romanzo, che evidentemente attinge largamente a materiale autobiografico, adombra il suicidio dello scrittore, avvenuto sei anni dopo, nell’81. Se qualcuno di voi non conoscesse la biografia di Romain Gary, lo invito a leggerla in quanto di per sé spettacolare e romanzesca, dalla nascita fino alle modalità del suicidio. In Biglietto scaduto troviamo sapientemente raccontate tutte le verità dell’amore, e dovrebbero assolutamente leggerlo le ragazze che si appassionano agli uomini maturi; ma chiunque può trovarvi spunti di riflessione per la propria vita sentimentale, elaborati con i toni, il registro e la lingua che solo un grande scrittore riesce a centrare con simile equilibrio. Funziona la struttura narrativa, funzionano le ambientazioni alto-borghesi, funziona la scrittura di gran classe, decisa, sottile, spiritosa, feroce, molto sentimentale, commovente e tuttavia mai sdolcinata. Per qualità letteraria e scelta dei temi, un romanzo che può piacere immensamente ai lettori di Roth, di Vargas Llosa, di Richler.