A scorrere i giornali, sembra che nel fuoco incrociato dei rapporti tra sessi le cose vadano a senso unico. Chi soccombe o viene molestato è di genere femminile. Tanto che se esistesse la parola maschicidio, si penserebbe di aver capito male – moschicida.
Se leggete Dammi tutto quello che hai (Bompiani), più appassionante di un thriller, più sconvolgente di una trasmissione basata su crimini e scomparse, più morboso dei giornali scandalistici, scoprirete un caso di stalking al contrario. È la storia di quello che è realmente successo al quarantacinquenne scrittore James Lasdum, inglese di origine ebraica. Nel 2003, Lasdum tiene un seminario di scrittura creativa presso un’università dello Stato di New York. Tra i suoi allievi, la trentenne Nasreen, che progetta un romanzo sulle vicende occorse alla sua famiglia nella Teheran degli anni ’70. L’allieva pare seria e promettente e Lasdum la incoraggia ad avere fiducia in se stessa. Il corso termina e per due anni lo scrittore non ha notizie di Nasreen. Nel 2005, lei gli scrive chiedendogli di valutare il libro che nel frattempo ha terminato. Lui non ha tempo di leggerlo, ma si scambiano qualche mail a base di cordialità da salotto, tipo animali domestici e fiori del giardino, sinché “il flusso costante dei messaggi di Nasreen nella mia posta elettronica, diviene una presenza quotidiana come il mormorio di un fiume sotterraneo”. Lui smette di rispondere. Lei cerca di sedurlo e manda foto che sembrano “ambigue minacce di follia”. Si passa a messaggi di “terrorismo verbale”, con insulti di carattere razziale e religioso. Nasreen costruisce falsi profili sui social network a nome dello scrittore, facendogli dire cose che ne distruggono la reputazione, lo diffama presso l’università dove lavora, declina tutto l’odio di cui è colma nei modi devastanti resi possibili dal web. Cosa succederà del laico scrittore ebreo figlio di un noto architetto? Non vi resta che leggere questa storia al contrario, e cominciare a guardarvi alle spalle (o allo schermo).