«Potenza – Lascia la fidanzata per il saio francescano».
«“Ricorrenza assurda”. I sindacati dicono di no alla Festa dei Nonni».
«Vietri – E’ anche cieco. A 90 anni molesta bambini».
Un mese fa, a Matera, erano questi i titoli che trovavo sulla prima pagina del Quotidiano della Basilicata. Benché appartengano a un cliché piuttosto prevedibile, le notizie dei giornali locali sono spesso ruspanti e succose, con dettagli di comicità involontaria: quando si viaggia bisognerebbe sempre ricordarsi di dargli un’occhiata. In questi giorni, probabilmente, i quotidiani locali avranno invece le prime pagine zeppe di pennuti moribondi, di allevatori in crisi, di allarmi epidemiologici: la portata popolare di un simile tema è imbattibile, e non c’è padrone che morde il cane o episodio boccaccesco in grado di scalzarlo dalle prime pagine.
Ma torniamo alla stampa locale di Matera. Oltre ai quotidiani della regione, mi finisce tra le mani un gustoso giornaletto autoprodotto dal fotografo Augusto Viggiano, autore di alcuni libri fotografici sulla religiosità popolare della Basilicata, sugli affreschi della Genesi in una cripta delle Murge, e sui Sassi di Matera. Questo signore d’aspetto bizzarro (barba bianca e bastone da vecchio pastore, però abbigliato con tenute optical e fantasiosi decori), facile da incontrare a spasso col suo cane nel centro storico di Matera, produce un giornalino di denuncia “sul saccheggio edilizio e urbanistico” del sito storico dei Sassi, dichiarato dall’Unesco “Patrimonio mondiale dell’umanità”(e francamente a forza di leggere questa formula sulle targhe stradali comincio a chiedermi se davvero, come dovrebbe, comporti vincoli e tutele precise, o se sia solo un appellativo da usare come richiamo turistico). Il giornalino riporta un articolo del Corriere della Sera in cui si racconta di come alcuni consiglieri comunali abbiano proposto di lasciare “per sempre, così come sono nel film” le scenografie di cartapesta avanzate dalle riprese di The Passion (il film di Mel Gibson girato tra i Sassi), in modo da rendere più verosimile la verità storica di Matera. Racconta poi, il giornalino, di devastanti lavori di cosiddetto recupero eseguiti nel Sasso Caveoso, e denuncia l’ennesimo caso di malcostume urbanistico, che magari ci coglie rassegnati a quella che pare ormai essere una delle autolesionistiche costanti del nostro paese.
A margine di queste letture, poiché tutto desinit in piscem, siamo finiti a mangiare qua e là nel centro di Matera, ma senza particolare soddisfazione: la cucina lucana è di sapori vigorosi e richiede d’esser interpretata con attenzioni particolari. In pratica l’agnello si mangia stufato con le cipolle e il pomodoro, in un piatto a dir poco sovraccarico; gli gnumiriddi (involtini di interiora di agnello) sono cotti alla brace perlopiù senza delicatezza, tant’è che alla fine sanno soprattutto dell’amarognolo della griglia; orecchiette e cavatelli conditi con salsiccia o ragù d’agnello hanno sapori troppo impastati, confusi. Finisce che il migliore dei locali dove mangiare in questa città splendida, dove non si finirebbe mai di camminare su e giù per i Sassi, è una latteria di fronte al seicentesco Palazzo Lanfranchi, affacciato sui Sassi e che ospita diversi dipinti di Carlo Levi (niente di folgorante, dal punto di vista pittorico, però l’esposizione vale una visita, se non altro per il suo valore di testimonianza storica; anche perché Levi è ovviamente una gloria locale sin dai tempi di Cristo si è fermato a Eboli).
Tra tutte queste testimonianze del passato, persino La Latteria ha una sua storia: esiste infatti dal 1945, vi si vendono formaggi e insaccati, e c’è un’accogliente saletta dov’è possibile mangiare a ora di pranzo. Vi si offrono due o tre piatti del giorno, scelti tra il formaggio alla piastra, la pasta al forno, le zuppe di ceci e cicerchia, il puré di fave con cipolla fritta, la parmigiana di melanzane, la pasta con sugo fresco e cacioricotta, i peperoni di Senise cruschi (cioè fritti, croccanti). E poi si può scegliere tra una straordinaria varietà di formaggi, accompagnati dalle olive, dal miele, dalla confettura di fagioli di Sarconi, dal caratteristico pane di Matera (più alto e gonfio di quello “rivale” di Altamura). A parte quelli freschi (nodini, burrata, stracciatella, crema di ricotta di pecora con vin cotto, caprini al latte crudo aromatizzati al timo e erba cipollina e semi di papavero), è arduo decidersi tra caciocavallo podolico stagionato sette mesi, provolone stagionato in grotta o nelle vinacce di aglianico, nel fieno o nelle foglie di noce. Non mancano gli insaccati, che però non trovo all’altezza dei salami e dei prosciutti dell’Italia del centro-nord: capocollo, soppressata, salsiccia con finocchio, spianata dolce o piccante, pancetta sono tutti prodotti tipici lucani che possiamo assaggiare ma non ci daranno le medesime soddisfazioni degli eccellenti formaggi.
La cantina è decisamente curata e varia, e oltre a diverse etichette di Aglianico del Vulture, troverete una buona scelta di vini e spumanti di altre regioni italiane. Un piatto caldo, uno di formaggi, due bicchieri di vino vi costeranno 11 euro.
La Latteria Rizzi, via Duni 2, Matera. Tel.: 0835 312058