Nella sua “Guida spirituale delle Osterie Italiane da Verona a Capri” (la prima edizione è del 1908), il giornalista tedesco Hans Barth dedicò il paragrafo conclusivo ad Anacapri. L’esplorazione dionisiaca di quella brulla isola di capre – oggi tappezzata di giardini – terminava presso “la rupe ben degna che il Padre Eterno vi si riposasse il settimo giorno e rivolgesse intorno un’occhiata di compiacenza su quello che aveva creato: Ischia, Sorrento, il Vesuvio, Napoli”. Oltre alle visioni da cartolina, Barth vi celebrò “un luogo di selvagge orge eleusine” posto tra le viuzze del borgo roccioso di Anacapri: era l’osteria del connazionale Hermann Moll, che serviva bottiglie di un vino isolano chiamato “Lagrime di Tiberio”, facendogli esclamare: “Ah, perché l’Imperatore non ha pianto anche in Germania!”.
Molti tedeschi più tardi, eccone un altro che ad Anacapri ha trovato se stesso, questa volta in forma di due stelle Michelin: si chiama Oliver Glowig, ed è lo chef del ristorante L’Olivo. Probabilmente sull’isola ci voleva proprio la precisione accanita e mimetica di un tedesco, la capacità di non farsi sviare unita alla passione mediterranea della gente del nord, per modificare radicalmente – pur restando fedele alla tradizione degli ingredienti – la greve attitudine all’eccesso di sapori e di cotture della cucina tradizionale. Al punto che, dopo aver mangiato all’Olivo, ogni altro pasto caprese ti pare insoddisfacente. Vorresti solo riavere sotto i denti la squisita e lieve “trilogia di baccalà” in crosta di pane, in frittella di pasta cresciuta, avvolto in pancetta. O la “scacchiera di mare”, piatto-degustazione con coda di scampo e mela verde, gambero rosso con salsa di pomodoro giallo, tagliatelle di seppia con peperoni dolci piccanti… Squisiti anche la crema di fagioli a formella con pollo e taralli alle mandorle e le linguine con scampi, scarola e capperi fritti. Va ordinata la triglia con croccante di pelle di pollo e fagioli di Controne; per non dire del maialino nero casertano con cotica croccante e involtino di insalata romana alla cipolla. Per terminare con un imperdibile trio di torta caprese, torta anacaprese e pastiera napoletana.
Il ristorante è parte del lussuoso Capri Palace Hotel. Tutto l’albergo, sin dall’ingresso con il rilievo di Pomodoro e l’elmo di Paladino e la piscina col mosaico di Velasco, è all’insegna della passione per l’arte. Da non perdere, accanto al bar, la barca caprese del videoartista Fabrizio Plessi. I prezzi sono nella miglior tradizione caprese, cioè piuttosto sostenuti. I due menu, tradizione e degustazione, costano 150 e 170 euro. La ricca e bella carta dei vini (con foto delle etichette) offre, oltre a degustazioni, mezze bottiglie, vini al bicchiere anche bottiglie sotto i 30 euro, come il Pellagrello bianco, vitigno del casertano.