“Muoian le droghe / che di vita privano / e i maccheroni / eternamente vivano”. Sono versi dello stucchevole poeta veneto Jacopo Vittorelli, composti nel 1803. Si potrebbero affiggere, due secoli più tardi, sulle porte dei locali notturni, a mo’ di memento mori. Li ha usati il caleidoscopico letterato Giuseppe Prezzolini come esergo di un suo curioso libriccino del 1955, Spaghetti dinner. Scritto in inglese (ai tempi Prezzolini viveva a New York), è un saggio di tono scherzoso sulle origini storiche della pasta. “Bisogna stuzzicar la mente, e l’appetito incomincia con gli occhi. Tale principio conforme alle esperienze della fisiologia moderna, si trova applicato in questo cibo curioso, gli spaghetti, che non è mai lo stesso. La guancia rosata d’un rosbiffe da bene è gradita: ma a lungo stanca. E’ monotona come la cucina anglosassone in cui tiene il primato. Gli spaghetti offron un fondamento, il primo piano anzi, per una costruzione di condimenti e di accompagnamenti…”. Immaginate cosa avrebbe pensato Prezzolini (che festa per i suoi occhi!), se si fosse trovato dinnanzi questo piatto inventato dalla casertana Rosanna Marziale, chef del ristorante Le colonne: mozzarella sciolta, farcita con spaghettini al basilico, rimozzata, impanata e fritta. In pratica è come una scatolina con dentro la sorpresa, e la sorpresa è la pasta. L’insieme, succulento ma delicato, corposo ma non greve, andrebbe brevettato per esser rivenduto a qualche azienda che produce piatti pronti da supermercato. Questo se la chef in questione avesse senso commercial-industriale oltre che inventivo-gustativo. Ma andiamo per ordine. Siamo a Caserta, a poche centinaia di metri dalla reggia, anche se intorno è tutto talmente ordinario che non se ne avverte alcun presagio estetico. Il ristorante ha un ingresso che sembra quello di un albergo con annesso centro benessere: grande sala con divani e un lampadarione a lingue di vetro opalescente, reception, guardaroba, falsa fonte con acqua che scorre da una parete, teste leonine, una statua di Venere, colonne avviluppate da edera dipinta… Oltre la hall si trova un banco di pasticceria e una sala con una quarantina di posti per gourmet che hanno accesso a un menu particolare. Più avanti c’è invece una zona che ospita banchetti e le cosiddette “pullmanate”, ossia i gruppi di visitatori della reggia che hanno acquistato la gita con pasto al ristorante. La giovane e ambiziosa chef ha ereditato dal padre, famoso pasticcere e ristoratore casertano, questo ambiente così tradizionalmente kitsch, che peraltro non corrisponde al genere di cucina da lei praticato. Tutti i piatti che abbiamo assaggiato, di concezione compositiva molto raffinata, sono all’insegna di una creatività non futile, basata su ingredienti campani: carne e mozzarella di bufala, cicoria, cicerchia, maiali neri casertani, mele annurca, castagne di Roccamonfina, alici, pane cafone. Uno dei piatti più buoni e sorprendenti è la mousse di mozzarella di bufala con filetto di triglia non desquamata e fritta (le squame, alzate a schiena d’istrice, rese croccanti come chips) e zucchine scottate. Ma non perdetevi la “mozzarella in crema, in frittura e in gelato”, con confettura di mele annurche. Squisita anche la scottona di bufala “contrastata con aceto ai frutti rossi”; per non dire della guancia di vitellone, salsa di pere e lattuga signorinella, del carpaccio di carne bufalina arrotolata con calamari e condita con arancia, del dolce di confettura di San Marzano con sformato semifreddo di pere e cicoria. Altri piatti sono meno riusciti, comunque l’idea che li sostiene non è mai di creatività futile. Va segnalato anche il pane (“ottenuto da generazioni di lievito madre”) e persino i grissini, impeccabili. Con un Fiano di Avellino, seguito da un Falerno, il conto è tra i 60 e i 70 euro. Il ristorante è aperto solo a mezzogiorno, e questa, per noi che siamo pranzisti e non cenisti (non ci piace uscire la sera), è una singolare consonanza d’intenti.
Ristorante Le Colonne, via Nazionale Appia 7/13, Caserta. Tel.: 0823 467494