Appena oltre l’ingresso c’è un sacco nero della spazzatura un po’ afflosciato; ma se l’urtate vi rendete conto che, anziché di polietilene, è di ferro. È un’opera di Gavin Turk, “Young British Artist”. Siete all’Osteria Francescana di Modena dello chef Massimo Bottura, luogo in cui ogni dettaglio – di cucina, di mise en place, di arredo – è frutto di una raffinata visione d’insieme che riesce a combinare, vivaddio, esperienze sensoriali e atmosfera di affettuosa simpatia emiliana. Il sacco possiamo sceglierlo come emblema di quello che succede in cucina, dove finisce nella spazzatura qualunque cosa non serva alla purezza del sapore: grassi, pasticci, cotture imprecise, miscele di gusti stinti, vecchi trucchi e nuove velleità. Sempre nel sacco finisce anche la colonna sonora, molesta compagnia di tanti nostri pasti: alla Francescana si gusta e si conversa senza il futile make up delle note musicali. L’idea di fondo è esaltare il sapore originario delle materie prime, selezionate al meglio, presentando piatti destrutturati, in cui le salse accompagnano le pietanze ma non interferiscono con la purezza del gusto. Così, quello che viene servito ha la magia, la persistenza e la leggiadria di un ricordo: quello di un sapore originario, quasi primitivo. Ma non preoccupatevi, non si tratta di aria fritta o delle solite pappette, schiume o bave con cui i cuochi “derridiani” spacciano per filosofia gastronomica il cibo per sdentati. Il pane è pane (squisito) e i lunghi grissini si flettono e scrocchiano sotto i denti. Il “Ricordo di un panino alla mortadella” è il più vero che abbia mai mangiato; il “Croccantino di foie gras con aceto balsamico” è indimenticabile. E così il tortino di porri e scalogni e le “Cinque stagionature di parmigiano”, e i ravioli, e il bollito misto, e le lumache, e la guancia di vitello…. Un cucchiaio basta per mantenere sul palato il sapore di un piatto intero. Il gusto Bottura è in fin dei conti quello di un reazionario modenese: stanco di cibi contraffatti, di materie prime svilite dal passaggio a tecniche e ritmi industriali, ha deciso di reinventarsi una Modena felix, in cui tutto sa del proprio sapore, ai massimi livelli. Per farlo, con l’entusiasmo del suo viso da Tintin adulto, ha messo in campo una conoscenza da erudito delle tecniche di cottura e cucina. È il contrario dell’alchimista: anziché trasformare metallo vile in oro, cerca ed esalta i sapori alla loro origine, ripulendoli dal dippiù. Lo fa con gusto estetico da Wunderkammer, come quei miniaturisti che riuscivano a incidere decine di volti in un nocciolo di ciliegia. Per chi ancora non l’abbia fatta, l’esperienza di un pasto alla Francescana è molto formativa nel campo dell’evoluzione del gusto. Come leggere un grande romanzo dopo una serie di romanzi discreti. Da quel momento si diventa più esigenti, si riconoscono meglio le scaltrezze e gli artifici che appesantiscono pagine o pietanze: introiettati nella loro massima espressività certi sapori primari, si comincia a pretendere di più dagli ingredienti, siano essi personaggi e trame o pane e olio. Un gran pasto ma anche una bella lezione. La prima volta, consiglio di scegliere il menu intermedio (“Classici”), da 120 euro.
Osteria Francescana, via Stella 22, Modena. Tel.: 059 210118