Fino a pochi anni fa sognavamo la Danimarca per girarla in bici, per visitare musei, per osservare forme di civismo inarrivabili. Ci frenava il disastroso regime alimentare dei paesi nordici. Oggi, invece, la Danimarca è la nuova Francia, anzi, meglio ancora: è la nuova Spagna, ci si va per vivere l’avanguardistico exploit culinario di un Paese che si è riempito di stelle Michelin (17 solo a Copenaghen, 5 più che a Milano), di cuochi superstar, di fanatici del gusto, il tutto magistralmente sostenuto e promosso dal “sistema Paese”. Sull’onda del successo planetario di René Redzepi e del suo Noma, sono nati molti ristoranti ambiziosi, con prezzi e possibilità di prenotazione meno inarrivabili. Il mio preferito è Kadeau, una stella Michelin, succursale urbana dell’omonimo ristorante situato sulle dune di Bornholm, un’isoletta spazzata dai venti del mar Baltico. L’idea di base è quella che pervade la nuova ristorazione danese, cioè la mistica del foraging, la ricerca di erbe e funghi e radici selvatiche nella natura incolta. Il Kadeu di Copenaghen, con la sua grande cucina a vista e la spettacolare parata di vasi di conserve fatte in casa e di teche con erbe essiccate, è un locale, intimo e chic alla maniera del design nordico, e i piatti proposti sono concepiti per evocare l’aspetto del sottobosco, all’insegna del cosiddetto foodscape. Zuppa fredda di verdure croccanti, pollo rosato e stick di rape disidratate con piselli e yogurt, cestini di pani fragranti con creme vegetali, e in generale una cucina fantasiosa, basata su contrasti di consistenze e sapori e su una notevole giocosità, con ingredienti vegetali da noi sconosciuti e dal gusto più che convincente.