A Mosca c’è un ristorante molto in auge che deve il proprio successo alla combinazione di due ingredienti: capitali russi e chef d’importazione. E in questo caso non si tratta del solito chef improvvisato, che nella vita precedente faceva il cameriere o vendeva auto; né di uno dei tanti anonimi cuochi clonati dalle scuole alberghiere. No, qui si tratta del famoso Nino Graziano, che fino a pochi mesi fa se ne stava nel suo ristorante Mulinazzo – l’unico due stelle Michelin in Sicilia – e che adesso si occupa appunto del Semifreddo, locale frequentato dall’establishment moscovita nonché dalla signora Lyudmila Putin, probabilmente alla ricerca delle medesime emozioni provate assaggiando i piatti del cuoco Michele a casa Berlusconi.
Se confrontato con i recenti fasti della capitale russa, con gli strepitosi lussi di certi suoi ristoranti soprattutto francesi, il Semifreddo delude un po’. L’insieme ha qualcosa che ricorda l’impersonalità dello stile Ikea: il parquet loffio, già stinto dopo pochi mesi, le sedie con lo schienale in pelle nera coccodrillata non si sa se vera o falsa; i tavoli apparecchiati con stuzzicadenti, candelina in palla di vetro con pinguini satinati, bottiglia di “aceto balsamico Toschi” e “ olio Bertolli riserva; il solito minimale contrasto di legni scuri e biancori di tovaglie, la toilette misera e il lato estivo del locale sigillato anche in agosto e con le stufe a fungo. I camerieri, ancora parecchio impacciati, sbagliano regolarmente il lato da cui porgere o ritirare il piatto; le stoviglie non hanno unità di gusto, per cui si passa da piatti bianchi hi-tech a un fondinone anni ’60 con fiorellini colorati sul bordo. Il menu, poi, non è certo quello creativo del Mulinazzo; ma qui si tratta di adattare gradualmente i palati russi a una cucina più ricercata e moderna di quella da trattoria scadente su cui si sono formati. Scampi con la rucola, carpaccio, spaghetti alle vongole e pomodorini infestanti (la rucola di questi ultimi tempi) sono inevitabili per una clientela che non bada a spese ma è più interessata alla qualità del bere che a quella del mangiare (Sassicaia e Ornellaia vanno alla grande, e l’importatore non riesce a soddisfare gli ordini di Crystal rosato, in assoluto la bevanda più richiesta).
Assolutamente da evitare la cremosa pasta con burrata e pomodorini; se si sceglie il crudo di pesce, ricordarsi che viene servito in dosi lillipuziane; molto buoni i calamarini alla piastra con carciofi, e in genere gli altri piatti contrassegnati da un asterisco, che sono quelli ideati dallo chef. In definitiva, Semifreddo è forse il miglior ristorante italiano di Mosca; ma i connazionali in visita non si illudano di trovarvi l’alta cucina del Mulinazzo, perché lì attualmente non avrebbe mercato. È comunque probabile che nel giro di qualche mese, grazie all’accelerazione spaventosa in cui vivono la città e i suoi abitanti, Nino Graziano possa offrire anche ai moscoviti i piatti creativi che lo hanno reso famoso.
Il conto, in linea con lo standard dei ristoranti della città, è sui 130 euro.
Uscendo, di fronte a una muraglia di auto lussuose con relativi autisti e guardie del corpo in vigile attesa, viene in mente un film interpretato dai siculi Franchi & Ingrassia: che il nome del ristorante sia una citazione di “Le spie vengono dal semifreddo”?