Stefania Giannotti è un’architetto che ha deciso di cambiar vita e dedicarsi alla cucina: prima con un libro (Zucchero a velo, La Tartaruga editore), poi con il catering, infine con Il ponte rosso, la trattoria che gestisce a Milano. Il libro – un pretesto autobiografico con tradimenti coniugali e crisi d’abbandono risolte grazie alle amiche femministe e alla smania di perfezionare ricette (ne sono descritte un centinaio) – fa tornare in mente lo slogan “il privato è politico”. E le sue ricette potrete trovarle realizzate al Ponte rosso: un misto di raffinati piatti regionali introvabili, tratti da antichi ricettari (provate per esempio il cerino napoletano, una sorta di cupola di bucatini passata al forno, e gli involtini alla Artusi), di preparazioni più scontate (orecchiette con cime di rapa), di ricette di famiglia (il gattò di patate con salsa tartufata, le sarde al sesamo impanate e fritte, i petti d’anatra ripieni). E’ interessante e curata anche la carta dei vini e dei liquori.
Il locale è all’insegna di un certo pauperismo sinistrorso, quasi esotico in una città dove si vive di continui restyling: e questo suo non essere alla moda rischia di farcelo diventare. Canaline che coprono i fili della luce, tubi dell’acqua esterni, quadri in stile Pollock, fotografie della Milano d’antan avanzate dalla passata gestione, luci da designer che si sente artista, giocattoli di latta anni ’50: aereini, teleferiche, dirigibili penzolanti dal soffitto, una cucina delle bambole che evoca la scenografia di un film con Doris Day … tutto all’insegna di quella creatività ingenua e raffazzonata divenuta gradevole in quanto cimelio di una mentalità pressoché scomparsa, perlomeno a Milano.
Il problema principale è la zona in cui si trova il ristorante. Quasi impossibile trovare un parcheggio, pur se disposti a commettere qualche infrazione; e d’estate, quando i locali lungo i Navigli straripano in strada, tocca scavalcare masse di giovani stravaccati ovunque. Che c’entra un ristorante per persone che rifuggono la calca e hanno desiderio di assaggiare sapori veri, piatti ben eseguiti e lontanissimi da qualsiasi “tendenza”, in una zona accuratamente evitata dagli adulti?
Prezzo intorno ai 40 euro, ormai la cifra media di un buon pasto.