A Tripoli, quando ancora era un luogo esotico dove ci si poteva preoccupare di rivalità culinarie, si trovavano partigiani delle due scuole del cous cous: alla araba, di grana grossa immerso nel sugo speziato della carne d’agnello e delle verdure, oppure come nella tradizione ebraica, soffice e ben sgranato, servito in bianco e accompagnato da contorni di carne e verdure, tra cui patate stufate piccanti e mafrum, ossia polpette di vitellone, patate e melanzane con cannella. Dal 1967, dopo la violenta espulsione degli ebrei in concomitanza con la Guerra dei Sei Giorni, la tradizione della cucina ebraica tripolina ha ripreso a vivere all’estero. Dovete provarla, anche come forma di resistenza ed esplorazione culturale. Andate da Alfonso, che nel 1967 fu il primo ristorante etnico di Roma, e ora è gestito da Rami Fellah, figlio del fondatore. Il gustoso e abbondante menu cous cous costa 20 euro.