“Siamo nati per soffrire ma non ce l’abbiamo fatta”. È l’esatta definizione di quello che capita a un avventore di Mercato centrale, il fantasmagorico mangificio a getto continuo della Stazione Termini di Roma. Sotto le maestose volte dell’architetto futurista Angiolo Mazzoni, troverete rumore, trolley che vi passano sui piedi mentre trasportate un vassoio con piatto di carta e posate di plastica, lotterete per sedervi, senza poter appoggiare la borsa e la giacca. Però: 17 botteghe con ristorante, supplì e pizze e carciofi fritti e amatriciane e carni e pesci e tartufi e lampredotto e pizze… c’è da sfogare ogni curiosità alimentare, c’è il caffé equo e consapevole, c’è il cocktail e il tripizzino, c’e il vino bio e la birra artigianale, c’è il vegetariano e vegano, c’è ogni parola d’ordine del momento, da gluten free ad “amici a 4 zampe”, naturalmente ammessi.
Mercato Centrale è la via italiana all’Oyster Bar del Gran Central Terminal di New York: meno allure da quadro di Hopper ma più allegria e varietà e gusto.