Con quelle boiserie di legno scuro, con le pareti verde bandiera, con i camerieri in giacca bianca e papillon nero, soprattutto con quel menu dove compare un’unica scheggia deflagrata dai gusti contemporanei, lo Jamòn Ibérico Bellota, e per il resto è tutto uguale forse dal 1860, sicuramente da quando ci andavo da bambina negli anni ’60 del 900, Piperno rimane il ristorante perfetto per portarci la famiglia, nonni e bisnonni compresi, nelle giornate di festa. È tutto così piacevolmente convenzionale e decoroso e ovattato, che ci si sente sollevati. Ci sono i carciofi alla giudia, i fiori di zucca fritti ripieni di mozzarella e alici, soprattutto c’è la coratella, il cervello e le animelle di agnello, c’è la trippa e la coda di bue, il tortino di alici e indivia. Si esce un po’ appesantiti, per le porzioni abbondanti e anche per la tecnica di cucina, abbastanza agée, o tradizionale.