“Viaggio a Rocca Priora”, per esempio, è una squisita frittata di broccoletti (in altre stagioni sarà di ramolacce o mentuccia e pecorino), servita con ricotta calda e meringa, fegatini di coniglio, alloro e sgombro. Se andate da Arcangelo cento volte, ordinerete cento volte “Supplizio”: un magistrale supplì di riso, crocchetta di patata affumicata, alici di Cetara con croccante di mandorle. I primi sono imbattibili: rigatoni Verrigni alla carbonara e spaghettoni Cavalieri all’amatriciana con pomodoro del piennolo, per non dire delle tagliatelle della casa tirate a mano, con la pasta un po’ spessa (“erta”) e ragù bianco di rigaglie di pollo, sedano, carota, cipolla. Dove si trova più un piatto così, stante la scomparsa delle interiora dalle nostre abitudini alimentari? Non è finita: “Tre passaggi di un tormento aromatico” è fatto di saltimbocca di animelle di vitello, coda di bue alla vaccinara, pane burro e marmellata. C’è la trippa con menta romana, pomodoro e pecorino (che nella maggior parte dei ristoranti viene offerta salatissima, a forza di asciugarla riscaldandola, e qui invece ha una sapidità perfetta), e il baccalà cucinato sulla scorta di una ricetta di Marco Gavio Apicio, con il mulsum, vino rosso speziato con miele e pepe lungo. Insomma: per un approccio filologicamente corretto alla storia millenaria di Roma, una visita da Arcangelo è caldamente consigliata. Il locale è dignitoso, con pochi tavoli. Per chi già lo conosce, c’è un’innovazione: un bancone con otto sgabelli, per pasti veloci con un menu ristretto, più svelto ed economico.