Nella sala del ristorante, ampia e luminosa, all’ora di pranzo ci sono pochi tavoli occupati. Sul fondo sono seduti due uomini, uno dei quali è Corrado Passera. A un tavolo accanto alla vetrata che dà sul giardino, c’è l’attrice Anna Bonaiuto: sola, pesca da una borsa libri e copioni, consultandoli mentre mangia. Fuori, sotto il portico, Bruno Arpaia con Luis Sepulveda, che posa per un fotografo. A un tratto il giardino si anima. Passa un poliziotto con un pastore belga al guinzaglio. Dai cespugli spuntano altri uomini in divisa. Poi, il ristorante si riempie di agenti in borghese, cioè in jeans (ognuno di taglio diverso, o meglio di strappo e di scucitura diversa). Gli agenti, con borsello a tracolla, posano sul guéridon radio e ricevitori e si siedono a un tavolo tondo, dove – di spalle alla vetrata – rimane un posto libero. Non fossimo al ristorante, sembrerebbe di essere a teatro, magari a un adattamento di Helzappoppin’. Infine il colpo di scena: arriva Roberto Saviano. Siamo alla Locanda dell’Angelo, a Sarzana, durante il Festival della Mente. Angelo Paracucchi, uno dei più importanti cuochi italiani – quando gli chef noti si contavano sulle dita di una mano -, ne commissionò il progetto a Vico Magistretti. La Locanda è identica a quando nacque, nel ‘76. Tutto, dagli arredi delle camere alla tecnica di cucina, è cristallizzato sul meglio di trent’anni fa, quando Paracucchi – morto nel 2004 – era al vertice della sua carriera. Se nella toilette del ristorante l’architetto preferì non mettere ganci per le borse, in trent’anni nessuno si è sentito di contraddirlo. Le abat-jour nelle camere sono ancora le eleganti Eclisse, che o accecano o non fanno abbastanza luce, e ti ustionano quando fai scorrere l’antina. È filologico anche il menu: “Eseguito secondo la ricetta del Maestro” sussurra il maître, quasi a ogni portata. Ottimo il pane, fatto in casa. Gli scampi lardellati, su passata di fagioli cannellini profumata al rosmarino hanno una cottura perfetta, sono tonici e morbidi, ma la passata è un po’ troppo salata. Discrete le variazioni di baccalà. Meno riuscite le lasagnette verdi con castelmagno, sedano e crema di barbe rosse: troppo secca la pasta e troppo abbondante il ripieno. Consistenza ottima, pasta eccellente, cottura impeccabile per i ravioli di triglie e melanzane con ragù di gamberi e verdure; anche qui, però, un eccesso di sale. Squisito il guazzetto di mare con un perfetto punto di cottura del calamaro, dello scampo, del gambero. Il brodetto è fatto con fondo di ossa di bue, “come nella ricetta del Maestro”. Il trancio di branzino con salsa al vino rosso e tortino di patate e scalogno, per accostamenti e cottura è un vero piatto anni ’70. Un pasto completo, con Vermentino di Castelnuovo Magra, costa circa 80 euro. Gli appassionati di storia della cucina dovrebbero fare tappa. Ricette ed esecuzione sono il meglio dell’era pre-Marchesi.