Crema ti stupisce. Passeggiare nel centro già spopolato alle otto di sera, tra chiese, ciottoli, antichi palazzi, fa venir voglia di trasferirsi e ricominciare da questa città quieta e sorprendentemente bella. Il Ridottino, su un lato del seicentesco palazzo Toffetti Crivelli, occupa le sale di un’ex casa da gioco privata, in cui i cremaschi hanno perso fortune a macao, chemin de fer e roulette. Carlo Alberto Vailati, chef e patron, lavora su due linee di cucina: il pesce, che immagino sia la prima scelta dei cremaschi annoiati da tortelli e faraone, e la tradizione locale. Materie prime e tecniche sono di alta qualità. Qualche esempio: le alici in tortino, con mousse di patate e fiori di zucca, cotte in modo impeccabile, non troppo asciutte come capita comunemente; gustosi e interessanti anche i ravioli di faraona con porcini e finferli, mentre i tortelli cremaschi, che hanno un ripieno dolce, andrebbero rinnovati dalla tradizione che li vuole annegati nel burro. Ma il piatto che ho preferito è il “rognoncino alla coque, salsa di senape e polenta di Storo”, con anelli di cipolla fritti. Detto così sembrerebbe un piatto greve, invece è semplicemente impeccabile. Ed è ottima anche la costoletta di vitello in pangrattato: ripaga dalle tante milanesi-suola di scarpe offerte nei menu italiani.
È un peccato che nel delizioso giardino interno i tavoli abbiano sedie di plastica, e che le sale e la veranda siano decorate da quadri particolarmente brutti ( raro che l’amicizia con artisti in cerca di visibilità sia un vantaggio per i ristoratori).
Tre portate, circa 60 euro; in alternativa, due menu: uno “di tradizione e di stagione” a 30 euro, uno di mare a 50.