Buone notizie: esiste un ristorante di pesce assolutamente consigliabile, in una zona (Desenzano del Garda) in cui non si sa mai dove mangiare perché l’insieme dei locali è poco allettante, flagellato da mode rifluenti e rimasticate, e da menu che devono tener conto dei gusti marziani del turista nordico-tedesco. Il nome del ristorante non gli rende giustizia: Antica Hostaria Cavallino (c’è stato il periodo degli Harry’s bar – ne battezzavano uno a ogni angolo -, poi quello in cui tutto finiva in “teca”, ora ogni momento ci si trova a recensire qualcosa che si chiama Hostaria, spesso Antica). La parola “cavallino” rimanda alla tradizione locale, prettamente carnivora con qualche infiltrazione di anguille e sardine di lago. Qui però la gestione è sarda, e di carne non c’è nemmeno l’ombra, a parte un antipasto di culatello conficcato come un alieno nel menu. Menu dove, con encomiabile accuratezza, accanto all’indicazione dei singoli pesci è riportato il relativo luogo di provenienza (i gamberi, per esempio, arrivano da Villa Simius); e la medesima attenzione descrittiva è dedicata alla qualità della pasta. In attesa delle prime portate viene servito un sontuoso pinzimonio. Il pescato crudo è correttamente presentato su un letto di ghiaccio, e il carpaccio di branzino di lenza viene tagliato al momento dell’ordinazione. Squisite le tagliatelle di semola di grano Kamut impastate col nero di seppia e condite con ragù di cappone di fondale, colatura di alici e capperi di Pantelleria. Tra i secondi, a parte i classici crostacei alla catalana va provato il croccante fritto di paranza, fatto con semola di grano duro invece della consueta farina bianca.
Il locale è spazioso e occupato da appena nove tavoli, ampi e ben apparecchiati. L’arredo è all’insegna di un’eleganza un po’ anni ’70. Notevole il conto, e per due motivi: si aggira sui 100 euro, e soprattutto è il pezzo di carta più esplicativo che abbia mai visto in un ristorante. Diviso in due facciate, una per le pietanze e l’altra per la cantina, con rispettivi subtotali, riporto e somma delle somme, è scritto in bella calligrafia, e dettaglia meticolosamente ogni cosa si sia consumata. Un gran bel conto, insomma: in tutti i sensi.