Le polpettine che vengono servite appena ti siedi sono incandescenti, e di un’incandescenza interiore e perdurante, come nei bar da impiegati, dove per la gran fretta e il poco spazio tutto viene riscaldato nei fornetti a microonde. Una gran quantità di piatti è addobbata con mesti decori da albergo termale: la fogliolona di lattuga dal profilo appassito, la cornice di fettine di limone con buccia intagliata a mo’ di bullone, il rametto di prezzemolo riccio adagiato sulla cotoletta o conficcato nella tartare come un pennacchio di carabiniere. Non mancano i mezzi pomodorini, disposti lungo il bordo come escrescenze del piatto. Persino il fritto di cervella e fiori di zucca (imprigionati in una pastella invadente, porosa d’olio) ha il suo bravo e incongruo ciliegino a guarnirlo. Il puré è presentato in ghiribizzi striati e ondulati, come nelle esercitazioni delle scuole alberghiere o nelle pensioni di Borca di Cadore. A proposito di questa mania di decorare i piatti con orpelli che spesso, perdipiù, “cozzano con le materie prime”, lo chef Davide Oldani ha scritto: “E’ come mettere una parrucca a una bella ragazza. O gliela si fa indossare perché la poverina è pelata (e qui si sta provando a nascondere un problema) oppure è semplicemente di troppo e fa diventare falso qualcosa che ha tutto il suo valore proprio nella freschezza e nella naturalità” (questa e altre istruttive osservazioni le trovate nel suo Cuoco andata e ritorno, edizioni Touring).
Se fosse tutto qui, però, non si capirebbe come mai il ristorante di cui vi stiamo parlando sia così celebre e frequentato. C’è certamente qualche pietanza che, individuata nella lista, può risultare impeccabilmente eseguita (ma non ordinate il castagnaccio, servito anch’esso incandescente e smollato – non si sa se per il passaggio nel microonde o per esser così di suo). E c’è il sottile piacere da trovarobato nello scovare un menu tosco-lombardo-ticinese anni ’60/70 (Chateaubriand Enrico IV con sauce bernaise, paillard di vitello alla griglia, asparagi alla Bismark, filetti di sogliola alla mugnaia, filetto Woronoff, capesante gratinate, tagliolini al prosciutto e piselli, tonno con toscanelli e cipollotti…). E c’è la bellezza del contesto: la raccolta piazzetta Belgioioso, forse in assoluto la più suggestiva di Milano, con quell’aria prerisorgimentale in cui non ti stupiresti, la sera, di veder passare un soldato austriaco biancovestito che scorta una dama verso la Scala. Ci sono tutte queste cose, a contribuire al suddetto successo, ma c’è soprattutto il fatto che al Boeucc – così si chiama il ristorante di cui stiamo parlando – è come se si trovassero preservate in formaldeide tutte le certezze del decoro borghese: le signore dal giro di perle con messinpiega e tailleur; i fiori, le cornucopie, i tendaggi e tutto lo sfarzo concesso a un saper vivere che teme più d’ogni altra cosa la burinaggine degli eccessi; l’Italia benestante, produttiva, giudiziosamente cosmopolita, con le famiglie non ancora del tutto sfasciate; i toni moderati e il senso del pudore; i camerieri gentili e solleciti, al limite dell’ossessivo (“convengo in pieno” quando ordini qualcosa; e poi, ogni poco: “andava tutto bene, signora?”).
Dentro le sale secolari del Bouecc, si sente forte il ricordo di quell’Italia anni ’70 che temeva i rapimenti, la malavita autoctona e i disordini. Ci sono anziani signori che constatano la perdita di valore delle loro collezioni d’orologi (“ormai va solo la pittura. Però tengono le collezioni di francobolli, soprattutto il Gronchi rosa…”); uomini in gessato che discettano di hedge fund e consigli d’amministrazione; donne che parlano di viaggi culturali e attività benefiche; medici che discutono di politica e fondi per gli ospedali. All’ora di cena si incrociano tavolate di congressisti e intere famiglie dal nonno al nipote.
A pranzo, alle 14 e 29 già si sparecchia, si tolgono piatti e bicchieri e vasetti di fiori, si spazzano sedili, con un fervore da pulizie di Pasqua. Io sono l’ultima ad andarmene, alle 14 e 32. A Roma, in quel momento, ci si siede a tavola.
Boeucc, Piazza Belgioioso 2, Milano. Tel.: 02 76020224