Provate a chiedere a un ragazzino di Milano se vuole essere portato a cena in una classica trattoria o se preferisce sushi, cibo cinese e affini. Non avrà dubbi: a parte poche eccezioni di adolescenti che leggono Dostoevskij e bramano risotto con l’ossobuco, gran parte dei ragazzi sta appiccicata a un telefono e ama il cibo di ispirazione orientale. È merito delle forme in cui viene proposto; roll, involtini, spiedini, crocchette, wanton: un mangiare a bocconi che permette di condividere i piatti e fare assaggi diversi, una sorta di avventurosa esplorazione culinaria. E poi i colori vividi, il misto di dolce e salato, il contrasto di consistenze, i profumi esotici. Gusti di ragazzini ma anche di noi adulti. Oltretutto, la cucina di ispirazione e contaminazione orientale è quasi priva di grassi, è basata su una gran varietà di vegetali per noi poco consueti, e benché riempia difficilmente appesantisce.
Ecco il perché, e non solo a Milano, dell’invasione di ristoranti “fusion”, ispirati alla contaminazione delle varie tradizioni orientali. MI (significa riso) è uno di questi locali di nuova concezione, con arredi eleganti e scenografici, lontanissimi dal folklore kitsch, e con una linea di cucina innovativa e di qualità, basata su materie prime fresche e sulla contaminazione di piatti della cucina cinese di Hong Kong e di quella thailandese. Spiedini di capasanta, crocchette di zucca e nuvole di gamberi, salmon roll, riso in foglia di loto, ravioli di manzo al tartufo, rombo in crosta con cipollotti e zenzero, asparagi in salsa d’ostrica, bambù e funghi stufati con to-fu, ma anche la classica anitra alla pechinese (su prenotazione). Con diverse portate e assaggi, il conto è sui 35/45 euro.