Camilla Baresani
Indirizzo: Via Privata Fratelli Gabba 7b, 20121 - Milano
Telefono: 028058051
Sito web: http://www.bulgarihotels.com/it_IT/milan/
Prezzi: €75

Sommario

Milano – Hotel ristorante Bulgari

- Il Sole 24 Ore - Domenica - Lombardia Ristoranti

“Un’originale reinterpretazione in chiave contemporanea, caratterizzata dall’alternanza di armonie e contrasti, dal divertimento e dalla ricerca estetica nei colori e nei volumi”. Secondo voi a cosa si riferisce questa definizione, compilata nello stile enfatico e impersonale delle pubblicazioni aziendali? Dapprimaquell’“armonie e contrasti” abbinato a “ricerca estetica nei colori e nei volumi” mi ha fatto pensare a tinture e tagli di capelli; poi mi sono detta che poteva andar bene anche per dei vestiti; infine ho scoperto che descriveva un menu di ristorante. Poco male: quella che si cerca di sollecitare è probabilmente la curiosità del pubblico più attento alle mode. Stiamo infatti parlando di come, in un sito internet, si pubblicizzi il ristorante del nuovo hotel Bulgari di Milano, inaugurato pochi mesi fa e istantaneamente divenuto di moda: più o meno come negli scorsi anni il ristorante dell’hotel Diana e quello del Four Seasons.

Siamo nel centro di Milano, a due passi dal cantiere della Scala, in fondo a una viuzza di quelle che, pur passandoci accanto chissà quante volte, t’accorgi a malapena che esistono. L’albergo ha un bel giardino, come può essere bello un giardino milanese: cioè nell’inevitabile soffocamento dovuto all’incombere dei condomini circostanti. Lo spazio verde è inoltre amplificato dalla prossimità del Giardino Botanico di Brera (anch’esso da immaginare piuttosto striminzito, non certo con l’ampiezza e il panorama del suo analogo romano).
La prima cosa che colpisce, entrando dal giardino nel ristorante, è la gran quantità di denaro speso per riprodurre maniacalmente, senza sbavature, uno stile lussuoso ma nient’affatto pacchiano, del genere impersonale che si potrebbe definire global-italian (in cui l’italian sta nell’essere progettato da Antonio Citterio e arredato con mobili prodotti in Italia). Quanto all’atmosfera non c’è un solo dettaglio che riveli dove ci si trovi: potrebbe essere tanto Londra quanto New York, o in subordine Parigi. L’unico vero riferimento a Milano è la voce di Ornella Vanoni, che nel disco d’attesa del centralino telefonico miagola col solito birignao: “Sapessi com’è strano… a Milano, a Milano”.
I tavoli sono solo parzialmente coperti da tovagliette a fascia, incrociate come fossero un bendaggio: la cameriera che ci serve, s’ingegna in curiosi tentativi per rimuovere le briciole lasciate dal precedente avventore. Evidentemente, nell’apparecchiare disponendo la nuova fasciatura, non le aveva notate. Comprensibile, visto che grazie all’arredo caratterizzato da una lugubre accoppiata di nero e marrone scuro, e solo parzialmente rischiarato da fiochi lumini (stile serata in casa sovietica), anche noi ci siamo cavati gli occhi sul menu. Insomma: siamo in linea con una certa tetraggine da caveau di banca, molto alla moda – però di una moda già vista qua e là, che non si sa quanto possa ancora durare senza far venire voglia di una bella imbiancata che dia una botta di luminosità agli ambienti.
Colpisce che, per un locale così studiato, non si sia pensato a una toilette più vicina al ristorante. Quando ho chiesto indicazioni, sono stata accompagnata fino al guardaroba: lasciata sola dopo una tortuosa spiegazione di cui ho subito perso il filo, ho percorso un corridoio, preso l’ascensore, e sono scesa d’un piano, ritrovandomi nel settore fitness – a quell’ora deserto. Laggiù lo stile funereo raggiunge lo zenit, in un tripudio di marmi neri, legni scuri, pietre fumo, luci da camera ardente. Sono andata prima a destra, poi a sinistra lungo un corridoio al centro del quale troneggiava un carrellone delle pulizie simile a quelli degli ospedali, con tanto di scopa, rotoli di carta e secchi turchese. Non si poteva nasconderlo? Macché: nascondono invece le indicazioni per il bagno, e le stesse porte del bagno, che sono di nero legno su nero marmo; e nascondono, grazie a un gioco di ton sur ton, il simbolo di maschi, femmine, handicappati – indicazioni forse ritenute poco eleganti. Mi avvicino per cercare di individuare il disegnino, e zac! si apre la porta. Ma è quella degli uomini. Mi volto, vado verso l’altra, che immagino sia quella delle donne. La porta si apre, e prontamente si richiude alle mie spalle. Per un momento mi sento un animale in trappola: e se in un simile bunker le fotocellule fossero difettose? Ho anche lasciato il telefonino in borsa, accanto al mio commensale! Mi lavo le mani: ci sono quattro piccoli lavandini, d’acciaio come nei treni, di quelli in cui basta avvicinarsi alla fotocellula perché l’acqua schizzi ovunque. Acqua che poi defluisce con lentezza estenuante, lasciando un dito di schiuma. Vien voglia di dare una ripulita: potrò mica lasciare un lavandino come se ci avessi fatto lo shampoo al cane? Al ritorno dimentico di risalire da “ – 1” a “=” come raccomandato dal cameriere, e salgo invece a “1”, inoltrandomi per un corridoio cupo che sembrerebbe quello da cui sono partita, e non lo è.
Ma insomma: dopo aver ritrovato la strada, come ho mangiato da Bulgari? Ci sono stata due volte, e in entrambi i casi ho avuto l’impressione di una cucina tra l’insulso e il dignitoso a caro prezzo, dove può capitarti di assaggiare una discreta cotoletta “Vitellina Sanato alla milanese” per 34 euro, o “Gnocchi di patate ai porcini, taleggio, zucca e foglie di spinaci” che non sanno né di patate né di porcini (ma neppure di qualcosa di cattivo) per 24 euro, oppure un carpaccio dell’immancabile tonno (di provenienza non specificata) per 25 euro. Una cucina certamente non dannosa, e assolutamente non memorabile, un po’ come capita con certe letture da treno. I bicchieri da acqua sono talmente belli che me li sarei portati a casa.
Per un pasto non completo (non sono certo questi i luoghi dove vien voglia di assaggiare tutto), ovvero antipasto, secondo e due bicchieri di vino, si spendono circa 75 euro.

Hotel ristorante Bulgari, via Fratelli Gabba 7B, Milano. Tel. 02 850850