La fortunata definizione “radical chic” è una creazione dello scrittore Tom Wolfe, che la usò nel 1970 per descrivere i partecipanti a un party per la raccolta di fondi in favore del movimento rivoluzionario delle Black Panthers. Il grottesco stava nel fatto che il party fosse ospitato da un rappresentante del jet set, Leonard Bernstein, nel suo attico di 13 stanze su due piani, in Park Avenue a Manhattan. Coerentemente, il celebre direttore d’orchestra e compositore, quando veniva a Milano, anziché andare nelle osterie dell’Ortica, preferiva mangiare da Aimo e Nadia: l’ebbrezza radical della periferia c’era lo stesso, e lo chic stava nel piatto. Sono passati più di trent’anni e possiamo dire con certezza che Bernstein aveva visto lungo. Oggi, qualsiasi appassionato di cucina degno di questa definizione dovrebbe mettere da parte un po’ di soldi e affrontare l’esperienza di un pasto al Luogo di Aimo e Nadia. Non farlo e ritenersi gourmets è come amare la narrativa e buttarsi su Foster Wallace senza aver letto Tolstoj; è come andare a una personale di Kiefer e non distinguere Raffaello da Michelangelo. Partendo dai sapori pieni e concreti della cucina italiana di Aimo e Nadia Moroni si può svolazzare allegramente fino alle varie declinazioni della cucina tecno-emozionale. Il pane, i pomodori, l’olio; il sublime paté di fegatini di piccione e anatra, i porcini in panure di pinoli; gli spaghetti con cipollotto, la zuppa etrusca; le animelle croccanti in semola di grano duro, il maialetto di Cinta al miele , il pesce spada con marmellata di limoni; tutto è intenso ed evidente, è il crisma di una cucina amorevole impegnata a salvaguardare la memoria gustativa italiana. Nel 2005, Aimo e Nadia hanno iniziato il passaggio di consegne, e in cucina sono stati prima affiancati e poi sostituiti da Fabio Pisani e Alessandro Negrini. Aimo e la figlia Stefania, che si occupa della gestione, si aggirano comunque tra sala e cucina. Infine non si può non accennare alla vistosa presenza sui muri della sala e nella prima pagina del menu (in forma di quadri e pensierini) del discusso pittor-filosofo-guru Paolo Ferrari. A noi, frasi come “Theoria degli Sguardi Assenti e delle Pietre Animate” e “Composizione Asistemica in-Assenza” sembrano vuote astrusità, né ci piacciono i quadri. Ma i Moroni ritengono che Ferrari sia una sorta di genio, e – dal momento che per fortuna in cucina non mette piede – prendiamo il successo del suo poliedrico talento come una prova della varietà di gusti della specie umana, così interessante e complessa.