“Che squisita luccioperca abbiamo avuto stasera,” dice l’avvinazzato attore del Burgtheater. È ospite d’onore dai coniugi Ausberger, “individui esecrabili” che per non pensare al proprio inferno coniugale amano circondarsi di “marmaglia artistica cittadina” nella loro casa di Vienna. “Solo una vera luccioperca del lago Balaton, nessun’altra luccioperca poteva infatti essere presa in considerazione,” precisa la Ausberger (e qui, già nell’84, vediamo inchiodati i prodromi del dilagante fighettismo gastronomico), rivolta ai commensali dell’atroce “cena artistica” e all’attore del Burg, nella cui barba sono impigliati pezzetti della zuppa di patate mangiata “con la massima velocità, neanche fosse sul punto di morire di fame”. Basterebbe leggere A colpi d’ascia, l’indimenticabile romanzo-invettiva di Thomas Bernhard (è magnifica anche la traduzione) per farsi passare, radicalmente, la voglia di luccioperca. Eppure, sarà che siamo del lago di Garda, che non è inquinato quanto il Balaton, sarà che i colori mediterranei del lago addolciscono la nostra percezione esistenziale, “il brasato di luccioperca con polenta grezza” del ristorante Al Porto ci pare davvero squisito. Mangiamo sulla bella terrazza che confina con la spiaggia di Moniga, di fronte agli occhi la lunga penisola di Sirmione, in un panorama placido e composito: acqua, monti, vegetazione, colline, viavai di germani. Al Porto è stato uno dei primi ristoranti del Garda, vent’anni fa, a chiedersi in che modo proporre il pesce di lago ai riluttanti gardesani e ai cauti turisti. La risposta è stata: cucinandolo come nei più raffinati ristoranti di pesce marino e non come nella tradizione locale, alla griglia, bruciacchiato con aglio e prezzemolo, da perderci mezz’ore a togliere le lische, in quel modo che alla popolazione ricorda povertà e provincia, cose da cui vogliono sfuggire inebriandosi dei fasti del più costoso pesce di mare. E allora verdure, erbe aromatiche, scalogni, pistacchi… Il luccio tiepido all’olio del Garda, per esempio, con maggiorana, porri e mousse di patate, non ti stancheresti mai di mangiarlo. E la carbonara d’anguilla al fumo d’ulivo sembra una miglioria della ricetta originale. Così gli strozzapreti all’amatriciana, con persico, cipolla rossa, peperoncino e ricotta di Vulcano. Gustosa la tinca al forno ripiena con brunoise di verdure. Pane di tipi diversi, crackers, grissini al curry, carta musica sono fatti in casa con mirabile perizia. Personalmente non mi appassiono al “crudo d’acqua dolce” (che è il piatto più richiesto), intanto perché per renderlo saporito è molto lavorato, e poi perché, in generale, di crudo non se ne può più. Il pesce lo vogliamo solo cucinato, e ad arte. È un po’ come la rivalutazione del figurativo dopo decenni di arte astratta. Facciamo fare ai pittori il loro lavoro, e lo stesso ai cuochi. Che l’uno sappia disegnare, che l’altro cucini!
Conto, per un pasto completo, sui 65/70 euro. Vino o birra a parte.