Dimenticato lo sciovinismo culinario del passato, noi italiani ci siamo buttati con curiosità e passione su ristoranti cinesi, giapponesi, libanesi, di fusion nippo-peruviana, e, ultimamente, sulle hamburgerie all’americana. Ora pare che stia per arrivare il momento dei ristoranti argentini: nulla di meglio che studiare il problema affrontandolo da un tavolo del Don Juan. Si comincia con le empanada (a Buenos Aires le friggono, a Mendoza le cuociono al forno), sorta di panzerotti ripieni di manzo, oppure di pollo o formaggio, di solito con aggiunta di cipolla, peperoni, olive, uova… Poi si passa alla carne alla griglia. Anziché i soliti filetti e controfiletti e costate, approfittiamone per riabituare il palato a tagli meno scontati e assai gustosi: fatevi consigliare dallo chef Diego Muzzi e scegliete tra salsicce, costine di manzo o di agnello della Patagonia, animelle e rognone. Soprattutto va provato il diaframma, dalla consistenza teneramente elastica e saporitissimo. La cottura alla griglia, come sappiamo, richiede lentezza e perizia e, se il tema vi appassiona, conviene prenotare un tavolo sul fondo del locale, con vista sulla grande “parrilla”, dove vengono cotte anche le verdure, patate comprese, e soprattutto le imperdibili pannocchie. Ottime anche le chips. Il locale è accogliente, arredato nello stile caloroso di un’estancia nella pampa, senza il sovraccarico di dettagli da folklore kitsch. C’è poi una filiazione del Don Juan, il Don Juanito, aperto anche all’ora di pranzo. Lì, affidatevi a Norie Harada, sommelier giapponese che ha lavorato a lungo da Robuchon e da Ducasse. Vi guiderà negli accostamenti con i migliori malbec argentini.