Negli ultimi mesi l’immagine di Carlo Cracco è slittata da quella di cuoco avanguardistico e chic a quella di personaggio pop: copertine spiritoso/trash di giornali “maschili”, il ruolo di giudice bello e implacabile a Masterchef, il talent-show più acclamato della stagione, i cartelloni stradali con la sua gigantografia, un best seller di ricette facili, Se vuoi fare il figo usa lo scalogno. Morale: Cracco è diventato talmente star che non si parla più del ristorante. Per fare il punto, siamo dunque scesi nel suo elegante bunker, nel ventre di Piazza Duomo. Si può scegliere tra un menu degustazione da 140 euro e uno da 165. Se invece vi limitate a tre portate, potete farcela con 120 euro. La qualità di materie prime, ideazione e realizzazione è altissima. Alcuni piatti, tuttavia, possono risultare poco incisivi, e sbagliare ordinazione con questi prezzi è particolarmente seccante. Fossi in voi, sceglierei il raffinato e carezzevole il brodo di sambuco con scampo e nocciole; i fenomenali spaghetti al succo di peperone e acciughe essiccate; la squisita la crema bruciata all’olio di oliva e garusoli (lumache) di mare; gli aromatici filetti d’orata scottati su croccante alle nocciole.
Finito il pasto, tutti in cucina per la foto ricordo con Cracco (se c’è) e con il suo braccio destro Matteo Baronetto: turisti stranieri, gourmet trepidanti, genitori venuti da lontano per festeggiare un esame del figlio studente. Si va da Cracco con lo stesso spirito con cui molti si sono precipitati a Londra per il concerto degli Stones. Buona parte dei pezzi sono memorabili, altri hanno meno mordente, ma si torna a casa con l’idea di aver partecipato a qualcosa che il giorno dopo sarà da raccontare.