Camilla Baresani
Indirizzo: Loc. Sant'Anna, 87, 12065 - Monforte d'Alba (CN)
Telefono: 017378120
Sito web: http://trattoriadellaposta.it/
Prezzi: €55

Sommario

Monforte d’Alba (CN) – Trattoria della Posta

- Ventiquattro - Il Sole 24 Ore - Piemonte Ristoranti

Prima o poi una gita in Langa bisogna farla. Si può essere refrattari a certe atmosfere fangose di vigna e acquitrini, alle colline che svaporano nella nebbia e nell’arrotolarsi delle strade; oppure si è maldisposti dalle rimembranze scolastiche sul suicidio di Pavese e la morte precoce di Fenoglio, e allergici al tema della guerra partigiana: ma è difficile che a tutte queste idiosincrasie se ne sommi una più prosaica, quella per la buona cucina. Se vogliamo gustare le variazioni del Nebbiolo e del Dolcetto basta frequentare le enoteche di città; ma per il cibo, per l’atmosfera di calore e ricercatezza e intimità famigliare espressa dai piatti delle Langhe non c’è che andar là, tra Alba e Cuneo, preferibilmente nella stagione dei funghi e dei tartufi.

Monforte d’Alba è uno degli undici comuni della Langa del Barolo, in cima a una collina che s’affaccia sulle Alpi innevate. Frequentato da un turismo assiduo ma discreto di gourmet (sono frequenti i cartelli “Camere –Zimmer” e “Bed and breakfast”), è un paese di vigne e di cantine. Per i cultori di storia, è anche il luogo dove intorno all’anno mille venne perpetrata una delle tante stragi in nome della religione: una comunità di Càtari fu sterminata perché si ostinava a non rinnegare il proprio credo, che per l’Arcivescovo di Milano era un’eresia.
In accordo con l’odierno clima di liberalità e benessere borghese, vogliamo invece segnalarvi una famosa trattoria, da pochi anni spostata dall’angusto centro del paese a un cascinale ristrutturato con eleganza, pieno di luce, con i tavoli grandi e ben distanziati. La carne cruda battuta al coltello con tondo di Macra (è un formaggio), il vitello cotto nel sale con salsa tonnata, il cotechinetto rosato con puré sono squisiti e basteranno a darvi un senso di soddisfatta sazietà. Ma vorrete proseguire con i primi, assaggiando gnocchi di patate al Castelmagno (un po’ sfatti) e gli irrinunciabili agnolotti del plin al burro fuso, il cui ripieno è fatto con arrosti di vitello, maiale, coniglio, con verza e spinaci.
Per secondo va assaggiato lo stinco di vitello al barolo e magari anche la scaloppa di fegato grasso d’oca. E, arrivati al dolce, non potrete privarvi della panna cotta con zucchero caramellato.
Il menu è ben composto, eccetto una scivolata sull’ormai dilagante tonno, presente in forma di tartare e di tagliata. Da risolvere, invece, le lungaggini del servizio: per arrivare al primo dopo due antipasti c’è voluta quasi un’ora.
Il conto medio è sui 55 euro, inclusa una bottiglia di dignitoso dolcetto e una spolverata di tartufo sugli agnolotti. Finito di mangiare, invece delle curve e dell’imbrunire e della pioggerellina si vorrebbe premere un tasto ed essere riportati a casa con una sorta di teletrasporto.