La frequento da anni e non tradisce mai. È la tipica trattoria che realizza il sogno del turista curioso di varianti della cucina siciliana, e nel contempo concretizza i bisogni dei clienti locali. Sono i messinesi, infatti, a monopolizzare i venti tavoli del ristorante Al Padrino: lo considerano una succursale di casa. Io ho avuto la fortuna di essere introdotta da un amico di Taormina, in frequente fuga dalle orde turistiche che si avventano sulla sua città. Ora che è quasi stagione di vacanze, di collegamenti con le Eolie, di viaggi in Sicilia, questo è un indirizzo che dovete segnarvi. Vale la sosta, gastronomicamente parlando, ed è anche un locale divertente, antropologicamente parlando. Il patron, Pietro Denaro, è un buontempone istrionico che si diverte a intrattenere i clienti con piglio da filodrammatica. Parla con modulazioni sgolate, in una sottolineatura della cadenza messinese che ricorda gli sforzi dei venditori del mercato per attirare l’attenzione delle comari. Sopralzi vocali che il Padrino intona ogni volta che entra un cliente conosciuto, per salutarlo declamandone nome e titolo. Ma lo fa anche quando raccoglie le comande per lanciarle verso la cucina a vista, protetta da un bancone a vetri dove si va a scegliere buona parte delle cose cucinate da Cettina, la sorella di Pietro, e dalle sue aiutanti: pesci e verdure impanati da friggere, totani e calamari, gli antipasti e il dolce, arance pelate e tagliate a rondelle, finocchi, spiedini di gamberetti di Licata sgusciati. Attorno a voi, alle prese con porzioni decisamente abbondanti, operai in tuta, impiegate comunali, avvocati, portuali, bancari. Molti in sovrappeso, ma non il sovrappeso da obesi americani, bensì quello più folkloristico da famiglia italiana alle prese con l’ipercucina di mamme e nonne. Imperdibili le paste riposate (a temperatura ambiente) con fagioli, con ceci, col macco di fave o con le lenticchie. E poi le polpettine di alalunga, di spada, di ortaggi. Le crocchette di patate e i cavolfiori in pastella. Lo squisito “bollito mmuddicato” (punta bollita, coperta da uno strato di mollica, limone e prezzemolo, e poi arrostita), gli involtini di peperoni e melanzane, lo stocco alla messinese, i cicireddi fritti (sono i piccoli delle aguglie, sottili come matite). I fritti sono impeccabili, appena croccanti esternamente e teneri all’interno, chiari, asciutti. Il locale non è bello, non è elegante, non ha unità stilistica. Foto, disegnini, gagliardetti, tutto come se fosse passato uno scenografo che deve arredare la tipica trattoria buona e verace del sud.