Solo a Firenze può capitarvi di mangiare zuppa di creste di gallo in una gastronomia-bistrò, appollaiati al bancone accanto a una fascinosa “principessa di Hong Kong”. Accompagnata da due assistenti, alla fine di un robusto lunch, la smilza signora griffata si fa mettere sottovuoto due chili di crudo di Parma tagliato sottile, suddiviso in buste da due etti, per portarlo a casa a Londra col volo (privato?) del pomeriggio. Firenze ha un suo specifico genere di turisti, che va dallo studente sbronzo all’orientale esperto di Delikatessen italiane, passando per la sottoscritta, che ogni volta vi scopre qualche novità nel rigoroso campo del classico. È il caso della cucina di Zeb: il locale, un’ex gastronomia assurta a ristorantino, è minuscolo, elegante nel design appena rinnovato, simpaticamente scomodo. Per gli occhi è una festa: come nelle gastronomie si mangia al bancone, gomito a gomito, con vista sulle teglie colme di quello che offre la casa. Io ho assaggiato: la suddetta zuppa di creste di gallo (lieve difetto: un po’ troppo salata e oleosa); cappellacci dalla pasta callosa con ripieno di patate e salsiccia al pesto di cavolo nero (stesso difettuccio); gustose polpette di carne, soffici e aeree; squisito, pastoso “bollito rifatto” con cipolle; carciofi ripieni col loro fondo (un po’ troppo oleoso). In sintesi, una cucina sapida, da cacciatore che esce all’alba e cammina per ore nella boscaglia, di gran soddisfazione anche se poco in linea con i parametri di leggerezza contemporanei.
Con tre gigantesche portate si spendono circa 25 euro. Alla fine non resta che inerpicarsi lungo la salita che porta a quel capolavoro che è la basilica di San Miniato, per espiare almeno gli ultimi peccati.