Sulla porta della chiesetta medievale di Raccano c’è un avviso: “La chiesa apre solo alle 9 del mattino della domenica”. Se poi cerchi il nome del paese su Internet, non trovi nulla di pertinente, solo tracce sfilacciate di segnalazioni in siti scomparsi. Oggi il luogo, frazione antica di Polesella (ovviamente nel Polesine), pare sperduto, dimenticato. Eppure ha vissuto gloriosi trascorsi storici: nella nebbia e nel gelo del dicembre 1509, vi si svolse una feroce battaglia fluviale tra la flotta veneziana e quella Estense – che poi ebbe la meglio. La battaglia, che fa da sfondo a diverse pagine dell’Orlando Furioso, fu cruenta e memorabile: partecipava l’intera flotta della repubblica veneta, composta da una decina di galere d’alto mare.
Oggi, invece, questa zona posta tra Rovigo e Ferrara si potrebbe definire “Sgarbilandia”. Tra case coloniche, ville di dogi, argini, pianura e fiumi si trova la casa-museo-farmacia della famiglia Sgarbi, una sorta di Vittoriale romagnolo; poi c’è un mulino sul Po voluto da Vittorio Sgarbi, e un paese straordinariamente fascio-metafisico, Tresigallo, filmato da Elisabetta Sgarbi su copione tratto dall’“Enciclopedia tresigallese” del nostro collaborator-scrittore Diego Marani.
Da notare che in questi luoghi, non ancora sfigurati da raccordi e centri commerciali, e flagellati in passato da fame, povertà, pellagra, oggi non si pensa che a mangiare e godersi il ritmo lento delle giornate. Quindi ci facciamo subito una ragione della chiusura della chiesa ed entriamo decisi nell’unica casa di Raccano che pare custodire qualche forma di vita: la trattoria.
Come sulla porta della chiesa, anche qui c’è un avviso, benché di tono diverso: “Porta il ristorante a casa tua!! Menu da asporto sconto 10%”. E’ l’ora di pranzo di un giovedì qualsiasi, e la sala è vuota. L’ambiente è caldo, tutto “perlinato” nel tipico stile di molte trattorie delle zone fluviali padane. Ci sarebbe un silenzio perfetto (durante tutto il pasto non passerà una sola auto) se non fosse per uno straniante, dati i luoghi, sottofondo musicale di oratorî haydniani.
Avete presente quei menu di poche portate dove non si riesce a individuare un piatto che faccia venir voglia? Quelle combinazioni di ingredienti di cui non si capisce, o peggio si teme, il senso? Bene, qui è l’esatto contrario: il menu è ampio e dover scegliere è una piacevole tortura. Si ordinerebbe tutto. Vi cito qualche piatto: pinzin (sfoglie di pasta fritta salata servita calda) con salame, pancetta della casa, mortadella Bologna IGP, prosciutto Parma DOP Devodier, culatello DOP; radicchio di Treviso saltato in padella con pancetta e aceto balsamico; crostini con fegatelli di pollo e erbe aromatiche; fagioli saltati e sentisale (insaccati prima della stagionatura) con sott’olio e sottaceti della casa. E poi: cappellacci di zucca, cappelletti in brodo, pasta e fasoi, risotto alla pilota (con sentisale e puntina di maiale) o all’anatra. Seguono: somarino in umido; salama da sugo con puré, mostarda della casa e crema fritta; faraona in salsa peverada (acciuga, brodo e fegatelli di pollo) e con patate saltate e cipolline borretane in agrodolce; grigliata di carne nostrana con polenta e verdure miste, il tutto cotto su bracieri che vengono posti al centro del tavolo. Per fortuna il pesce di fiume è solo su ordinazione, e finalmente troviamo un ostacolo concreto alla declinazione dei nostri desideri. Naturalmente si potrebbe pignoleggiare: il baccalà alla vicentina con polenta abbrustolita ha un fondo oleoso eccessivo, certi piatti sono un po’ salati, altri si digeriscono con ritmi d’altri tempi… ma è poca cosa rispetto alla cura della ricerca di salumi eccellenti, di carni di qualità, di paste fatte in casa con mano felice. Si conclude con saba (mosto d’uva cotto) e la tipica torta tagliolina.
Nei fumi del pasto, ferocemente consumato fino all’ultimo boccone e fino all’ultimo goccio di Cartizze, si finisce per vagheggiare il bottino delle navi dopo l’antica battaglia: polene, rostri e bandiere di cui improvvisamente, nel dissolversi della nebbia nella golena, “si rivelarono i colori squillanti” – come raccontano le cronache di quel glorioso inverno del 1509. I trofei sottratti alle galere veneziane li trovate esposti nel Palazzo Bonacossi di Ferrara. Nel frattempo pagherete il conto, 30/35 euro a testa.