Se giri l’angolo, c’è Rialto. Un paio di metri alla tua sinistra, hai il Canal Grande; alla tua destra, un “sotoportego”. Sei nel mezzo dell’Erberia, e, davanti a un dignitoso cicchetto di baccalà mantecato e a un bicchiere di pinot grigio Felluga, stai mangiando al Naranzaria (da naranze, arance), che prende il nome dal vicolo che lo lambisce. Come rivela la toponomastica, ti trovi a Venezia, nella zona del mercato generale di frutta e verdura. Mentre mangi, di tanto in tanto sei disturbato da chiassosi concertini di musicanti da calle. Devono aver identificato l’Erberia per un posto tranquillo, senza passaggio, popolato di persone impegnate in sommesse conversazioni e degustazioni, disposte a sganciare oboli sostanziosi pur di tacitarli.
Il Naranzaria va per la maggiore tra gli architetti veneziani, ed è uno dei pochi locali della città aperti fino a notte fonda. Poiché la cucina è poco più di un angolo, offre piatti semplici, adatti a un pasto leggero. In una città dove non si vedono ristoranti cinesi né di altri paesi, e la cosa più esotica che si offre al turista-tipo sono le lasagne, il Naranzaria riempie un vuoto: propone anche sushi freschissimo, confezionato in diretta da un cuoco giapponese che lavora dietro al bancone all’ingresso del locale. In generale i piatti freddi sono meglio riusciti di quelli cucinati: per esempio il tortino di melanzane al forno è troppo salato, e il baccalà con vongole e pomodoro è immerso in un eccesso di liquido. Ma la selezione di salumi e formaggi è di qualità, il sushi buono e con riso non impapponito – come in gran parte dei ristoranti giapponesi d’Italia-, l’insalata mista del mercato sa di verdura vera, e i panini sono invitanti. L’atmosfera dell’insieme è gradevole, adatta a un pasto rilassante e non impegnativo; la cantina è più che discreta, e si può ordinare vino al bicchiere. Il servizio è un po’ improvvisato. Per esempio, le posate vengono portate in una bustina che contiene il tovagliolo: quando la cameriera sparecchia una portata portando la nuova, regolarmente dimentica di reintegrarti la forchetta, l’unica posata che avevi utilizzato. Intercettata con fatica mentre s’occupa d’altri tavoli, sporta la richiesta di una nuova forchetta, ti riporta la bustina completa. Così ogni volta: se tu e il tuo commensale ordinate due o tre piatti, vi ritrovate col tavolo ingombro di bustine e coltelli. Il conto, con due portate e due bicchieri di vino, è sui 25/30 euro a testa.
Osteria Naranzaria, San polo 130, tel.: 041 7241035