Lo scrittore, già celebre e ricco, viaggiava con cuoco e camerieri al seguito, e certamente non aveva bisogno di andare per bacari, fritolini, ristoranti. Ma noi sì. Non mancano mai motivi per visitare Venezia – in questi giorni potrebbero essere la Biennale Architettura e la nuova mostra della Fondazione Prada – ma tra tanti stimoli dell’intelletto, di solito non ne abbiamo di gastronomici. Orde turistiche e qualità dell’offerta culinaria difficilmente vanno a braccetto. Un’eccezione, a due passi da Rialto (e da qualsivoglia museo, fondazione, chiesa), è il Vecio Fritolin, che nell’aspetto è un’osteria, nei fatti un ristorante di qualità. Anziché eseguire col pilota automatico le ricette della tradizione, la patronessa Irina Freguglia e lo chef Daniele Zennaro dedicano il loro estro alle materie prime, alle nuove tecniche, alla stagionalità degli ingredienti. Pane e grissini sono fatti in casa, così come la pasta con trafila di bronzo; il pesce alla griglia è cotto sulla brace e non su una plancia untuosa, come ormai si fa quasi ovunque; le moeche, quand’è stagione (autunno e primavera), non mancano e sono fritte divinamente. Al Vecio Fritolin trovate il miglior baccalà, gli gnocchi di patate, i canestrelli e le seppioline con quadrotti di polenta bianca abbrustoliti, e una squisita misticanza di insalate, erbe e fiori dell’isola delle Vignole.
Della tradizione ormai secolare di friggitoria, resta la possibilità di entrare e portarsi via il fritto da passeggio, cioè lo scartosso di pesce, verdura e polenta.
Il Vecio Fritolin è molto frequentato da artisti, e proprio così l’ha scoperto François Pinault, che, innamoratosene, gli ha affidato l’apertura delle caffetterie di Palazzo Grassi e di Punta della Dogana. Il menu, non serializzato ma ispirato alla stagione, cambia ogni mese.