Nel mondo dell’enfasi sul nuovo, sulle City Life ferragnizzate, sui progetti pubblici e privati delle archistar, la ricostruzione e il restauro soffrono di un appannamento di glamour. Una sorte parallela a quella dal settore dell’antiquariato rispetto al design contemporaneo.
Le archistar o ingegnistar del restauro sono a noi sconosciute e sono lontani gli anni del carisma di Giovanni Urbani, direttore dell’Istituto Centrale del Restauro. Tra i contemporanei italiani il più (ig)noto dei restauratori e ingegneri specialisti di restauri è Nicola Berlucchi. Ha il record dei teatri storici: 22 progetti realizzati, tra cui La Fenice, il Donizetti, l’appena terminato San Carlo e il Valle, di cui sta completando il ripristino dopo i beati anni dell’okkupazione.
Berlucchi è di Brescia, quest’anno Capitale della cultura con Bergamo. Di nota famiglia vinicola (con i cugini possiede la Fratelli Berlucchi, produttrice del Franciacorta Freccianera), pochi giorni fa ha festeggiato i suoi sessant’anni “in cantina” chiedendo in regalo un contributo per il restauro della Cappella di San Giovanni Battista di San Salvatore, somma testimonianza dell’architettura religiosa longobarda e sito Unesco con il Museo di Santa Giulia e il Parco Archeologico romano di Brescia. Berlucchi ci metterà il progetto e la direzione lavori, mentre i 150 invitati hanno donato quasi 30mila euro, forse incoraggiati dall’Art Bonus.
Recordman delle gare d’appalto europee, Berlucchi è un teorico del “restauro negativo”, ossia di un intervento sottotono e sottotraccia che ricorda il lavoro dei bravi traduttori letterari: tradurre e non tradire. Suo il restauro dell’abside michelangiolesca di San Pietro e quelli di Palazzo dei Conservatori e Palazzo Nuovo in Campidoglio (sedi dei Musei Capitolini). In Turchia, a Enez, si è occupato della ricostruzione dell’ex chiesa bizantina Hagia Sophia, ora moschea. In Azerbaigian, a Baku, ha ridato vita al più importante monumento nazionale, il Palazzo degli Shirvanshah. In Transnistria, ha appena terminato il restauro della fortezza ottomana di Bender. La fortezza è citata nel settecentesco romanzo di Rudolph Erich Raspe, Le avventure del Barone di Münchhausen, ispirato all’omonimo barone: un militare tedesco noto ai suoi contemporanei per le storie palesemente inventate di cui si millantava protagonista. Tipo aver raggiunto la luna a cavallo di una palla di cannone, e quella palla di cannone è un cimelio custodito nella fortezza di Bender.
Ora Berlucchi sta seguendo il ripristino del Duomo di Norcia e la messa in sicurezza del campanile di Burano (che pende più della Torre di Pisa). Allo studio, il complicato spostamento del Mosaico di Alessandro dell’Archeologico di Napoli. Il mosaico, che raffigura la battaglia di Isso ed era parte della pavimentazione della Casa del Fauno di Pompei, deve andare al restauro. È lungo 5 metri e mezzo, pesa 8 tonnellate e non è mai stato mosso da quando fu trasportato da un carro trascinato da sedici buoi e installato nell’allora Real Museo Borbonico, alla presenza di re Ferdinando II.