Nella nostra indagine sui lettori dei principali generi narrativi, eccoci arrivati agli appassionati di romanzi storici. Si tratta di un pubblico meno vario di quanto si potrebbe credere. Le ricerche dimostrano che quella di narrativa “in costume” è lettura prevalentemente maschile, come per il fantasy (anche se qui l’accentuazione sulla media dei lettori italiani è del 5%, mentre là era addirittura del 16%). Se nel caso degli appassionati di storie di maghi e hobbit si tratta di giovani studenti, i lettori di romanzi storici sono invece già laureati (+ 6%), perlopiù alle soglie della pensione (i 55-64enni segnano un + 6%), o comunque di mezz’età (+ 5% dei 35-44enni). Di idee politiche moderate, li troviamo soprattutto tra liberi professionisti, assicuratori e dirigenti. Inoltre sono ben rappresentati anche al sud e risiedono principalmente in centri medio-piccoli (dai 20 ai 50.000 abitanti). La maggioranza dei lettori italiani, lo ricordiamo, è invece distribuita nelle regioni del nord ovest e nelle grandi città.
L’identikit del nostro appassionato è dunque quello di una persona realizzata, con l’hobby di letture che siano in qualche modo utili e contribuiscano a dargli quell’infarinatura di cultura storica che non ha mai avuto o ha dimenticato. Va anche detto che in questo genere di romanzi si inseriscono vicende che mischiano il giallo o l’intrigo alla storia, oppure si intersecano due piani temporali, presente e passato, al fine di attualizzare e movimentare la narrazione, cosicché il romanzo storico è quello che più di ogni altro è soggetto a contaminazioni di altri generi.
E adesso cerchiamo un po’ di capire quali siano le caratteristiche di questo genere, che indubbiamente ha contorni meno definiti rispetto ai precedenti. Memorie di Adriano, per esempio, è un romanzo storico? Lo è sì, ma solo nella misura in cui Delitto e castigo è una crime story, Cime tempestose un romanzo rosa, e Il maestro e Margherita contiene elementi fantasy – titoli che infatti appartengono al super-genere dei “classici”. Il lettore di classici è un lettore seriale esattamente come il lettore “di genere”, solo che per alimentare la propria passione usa metodi di classificazione differenti. Per esempio: dopo aver letto Cime tempestose e Orgoglio e pregiudizio, il lettore di classici si affeziona e appassiona a un’epoca della storia letteraria – nella fattispecie, quella del romanzo inglese sette/ottocentesco – e la percorre in lungo e in largo, passando ai romanzi di Defoe, Dickens e Thackeray.
Il lettore di romanzi storici, invece, entusiasta della lettura di Memorie di Adriano, anziché andare alla ricerca di libri che ne replichino la grana stilistica, la sottigliezza psicologica, il nitore di pensiero e di costruzione, si lancia in letture di romanzi d’impianto storico. Ciò che lo appassiona è dunque l’ambientazione, la possibilità di compiere un viaggio nella macchina del tempo, e frattanto acculturarsi, imparare quella storia che a scuola gli sembrava solo una noiosa e piatta infilata di nomi e date, priva della narratività che invece le è implicita. Il suo movente è uno dei più condivisibili, e di fatto è presente in ogni lettore di romanzi, anche di quelli che, nel momento in cui venivano scritti, raccontavano la contemporaneità. Quando affrontiamo Balzac, non ci piace forse anche tuffarci nella vita parigina della prima metà dell’Ottocento? Eppure Le illusioni perdute non è certo un romanzo storico.
In pratica, il lettore-tipo di romanzi come Io Alessandro di Steven Pressfield o L’assiro di Nicholas Guild gode della possibilità di affacciarsi su un’epoca passata, di appassionarsi e rabbrividire pensando allo stile di vita di quei tempi, senza però doversi allontanare dal comfort del suo appartamento climatizzato, col medico e il progresso scientifico a portata di mano, e senza correre il rischio di dover andare in guerra a combattere contro i persiani, o venire impiccato per reati da nulla. Non è forse un sollievo scoprire che il nostro secolo è quasi un male minore, cui magari manca sì un po’ d’eroismo, ma che in cambio offre tante comodità?
“L’accampamento è stato colpito da un’epidemia di febbre della palude. Il flagello colpisce con assoluta casualità. Nessuno sa da cosa sia causata, e nessuna medicina sembra in grado di curarla. Le sue vittime spirano in preda al delirio. E’ il genere di calamità imprevedibile che trasforma i soldati già superstiziosi in allocchi tremanti e che spinge uomini altrimenti coraggiosi a ripiegarsi cupamente su se stessi, preda di qualsiasi portento o prodigio”. Io Alessandro, da cui è tratto questo brano, è il diario romanzato della vita di Alessandro il Macedone, il racconto delle feroci battaglie per la conquista dell’impero persiano. Siamo nel 330 a.C., e al lettore, sotto i cui occhi passano le memorie di innumerevoli massacri inflitti e subiti, non resta che pensare quanto barbaro fosse quel mondo, o tutt’al più tracciare le sue brave analogie con l’Iraq e gli altri innumerevoli conflitti e attentati della cronaca attuale, nell’eterno parallelo tra l’ieri e l’oggi.