Camilla Baresani

Sommario

Chi sono i lettori di thriller

- con Renato Mannheimer per Magazine - Corriere della Sera - Storie

“Il collezionista di ossa vide un giovane evidentemente in cattiva salute in piedi accanto al marciapiede. AIDS, pensò. Ma le tue ossa sono sane – e così prominenti. Le tue ossa dureranno per sempre… L’uomo non voleva un taxi e il collezionista di ossa lo oltrepassò, osservando con sguardo famelico la sua sagoma nello specchietto retrovisore”.
Naturalmente il lettore di thriller, appassionato di corposi intrighi che si sciolgono nella soluzione dell’enigma, scorrerà a velocità terrificante le quattrocentocinquanta pagine del libro di Jeffery Deaver, aspettando col fiato sospeso che la coppia di investigatori individui il dissezionatore di corpi.
Ma, risolto l’enigma della trama, ne resta comunque un altro: cosa si nasconde nell’animo del consumatore seriale di storie che raccontano crimini efferati, spaventosi, e doverosamente destinati (per convenzione letteraria) a essere risolti? Le motivazioni e i sentimenti di simili lettori assomigliano più a quelle dell’assassino o a quelle dell’investigatore? Tutti noi abbiamo letto qualche “crime story”, magari senza affezionarci al genere. Le ricerche svelano peròdelle “accentuazioni” (cioè dei tassi di percentuale più elevati di almeno quattro punti rispetto alla media dei lettori comuni) specifiche di chi si dedica abitualmente alle pagine dei thriller. Tra questi appassionati si individua una “maggior presenza relativa” di lettori che abitano nelle città del nord-ovest (piemontesi e lombardi, insomma), come se i grandi nuclei urbani, con la loro efficienza spesso inceppata, i pericoli, le metropolitane che trasportano anonime masse piene di segreti, stimolassero la voglia d’intrigo e di emozioni forti. Quanto allaprofessione dei lettori di thriller, l’accentuazione è relativa a dirigenti, imprenditori e liberi professionisti, categorie dal reddito medio-alto e con lavori che prevedono un notevole carico di responsabilità. Sono persone che secondo Deaver “desiderano essere turbate, incuriosite, spaventate”.
Un tempo si pensava che il thriller (romanzi “de paura”, in vernacolo) fosse per antonomasia il genere di lettura maschile, il corrispondente libresco dei giornali sportivi o finanziari, e che le lettrici preferissero interessarsi a vicende più romantiche. Poi, invece, si è scoperto che le donne ne leggono più degli uomini. Probabilmente tra le due diverse forme d’inverosimiglianza che possono appassionare l’animo femminile (la perfezione dell’amore e il successo dell’indagine), risulta più appagante credere alla seconda.
Tuttavia questi sono dati freddi che non ci raccontano le motivazioni di chi sceglie un simile genere di libri, di chi cerca nel giallo emozioni forti cui di solito è avvezzo solo allo stato di lettore. Eccone un esempio: “Non era un ramo, quella cosa che spuntava dal terreno: era una mano. Il corpo era stato seppellito in verticale e il terriccio era stato impilato fino a lasciare scoperti soltanto l’avambraccio, il polso, la mano. Amelia fissò l’anulare: tutta la carne era stata strappata via, e un anello di diamanti da donna era stato risistemato sull’osso spoglio e insanguinato”. Perbacco! Se la lettura procura sfogo ed evasione, qui lo sfogo dev’essere nel desiderio di un apparato investigativo che riesca ad assicurare alla giustizia chi commette crimini, e l’evasione sarà dalla certezza di vivere in una società in cui le forze del bene non riescono a prevalere su quelle del male. Ma l’uno e l’altra stanno anche nel poter curiosare senza pericoli nel mondo oscuro delle perversioni, della follia criminale, della devianza. Stanno nel battito del cuore, nella paura e nel sollievo, nell’oblio della routine di un’esistenza le cui scosse sono prevedibili, e la lotta del bene contro il male si riduce ai litigi famigliari sulla suddivisione dei compiti quotidiani, alla guerra contro gli inghippi burocratici, alle trappole dei bilanci aziendali e agli inciampi della carriera.
Pochi giorni fa, alla Milanesiana (il festival culturale ideato da Elisabetta Sgarbi), Jeffery Deaver si è infatti definito “un trasmettitore di emozioni forti”, precisando che “al lettore di suspense piace essere manipolato e trasportato sulle montagne russe” tramite racconti i cui protagonisti siano “psicopatici che non hanno controllo del proprio comportamento”. Come se, arrivato al momento della lettura, chi passa la vita a prendere decisioni nel campo del lavoro provasse il piacere di sentirsi strapazzare e frullare né più né meno come capita a certi titoli del mercato azionario, a certi passaggi di quote dietro cui tutti cercano di individuare i sottili fili che li muovono, la soluzione del plot.